sabato 28 settembre 2013
Le tensioni esplose dentro la maggioranza impediscono di dare il via libera alla manovrina predisposta da Saccomanni. Il premier: è impossbile impegnare il bilancio con operazioni da miliardi per senza continuità di governo. Da martedì la tassa sui consumi salirà di un punto percentuale.
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L'esplodere della crisi politica travolge anche la "manovrina" d’autunno blocca-Iva. E salvo sorprese martedì prossimo, primo ottobre, l’aumento di un punto dell’imposta sui consumi è destinato a scattare inesorabile.

Il Consiglio dei ministri, riunito in serata, non ha esaminato infatti il decreto preparato dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. «Non ci sono le condizioni per un via libera stasera», è la voce arrivata da Palazzo Chigi. La richiesta di chiarimento politico «prendere o lasciare» lanciata del presidente del Consiglio Enrico Letta al Pdl comporta prima un passaggio alle Camere. A questo punto dunque, anche in caso di una rapida ricomposizione delle tensioni, il governo non riuscirebbe a riconvocarsi per varare il provvedimento in tempo utile. La sospensione di provvedimenti «anche rilevanti di natura fiscale e economica» è dovuta all’impossibilità «di impegnare il bilancio su operazioni che valgono miliardi di euro senza la continuità dell’azione di governo», ha spiegato il premier durante il Cdm. Il rincaro dell’Iva doveva scattare già a luglio ma il governo lo aveva congelato per tre mesi. Ora, in assenza di nuovi interventi, l’aumento dal 21 al 22% dell’aliquota ordinaria scatterà in automatico. Con una raffica di mini-rincari sui prezzi dei beni non di prima necessità.

Al ministero dell’Economia avevano lavorato al decreto fino all’ultimo e ieri pomeriggio il testo era pronto per il Consiglio dei ministri. C’era il piatto forte del rinvio dell’Iva, ma anche i tagli alla spesa e le dismissioni di immobili pubblici per riportare il deficit entro il 3% del Pil. Oltre al rifinanziamento di una serie di capitoli, a partire dalla Cig in deroga. Una «manovrina» da circa 3,5 miliardi di euro.

Una serie di interventi mancati che, se la resa dei conti porterà a una crisi di governo, avrebbe conseguenze molto pesanti per il Paese. A partire dall’aggiustamento del deficit, la vera priorità secondo il ministro Fabrizio Saccomanni e lo stesso premier. Senza una correzione in corsa il disavanzo tendenziale sta correndo, secondo l’esecutivo, verso il 3,1% (per l’Fmi siamo al 3,2). Si tratta di un decimale, ma la questione è decisiva perché se l’Italia a fine 2013 supera il 3% torna nella lista dei "cattivi" Ue e Bruxelles potrebbe riaprire la procedura di infrazione chiusa solo poche settimane. In questo caso anche i margini di spesa concessi a Roma tornerebbero a restringersi di circa 12 miliardi nei prossimi due anni. Un’altra mazzata, dunque. Il testo fissava poi una serie di stanziamenti per capitoli ad alto impatto sociale come la cassa integrazione in deroga, che veniva rifinanziata con altri 330 milioni da ripartire tra le Regioni. Risorse necessarie per pagare l’indennità negli ultimi 2-3 mesi del 2013 a decine di migliaia di persone. Altri 265 milioni andavano a finanziare le missioni internazionali di pace, 35 milioni la social card, 190 milioni per l’istituzione del Fondo per fronteggiare l’emigrazione e 20 milioni per l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati. Infine il Dl incrementava di 120 milioni il Fondo di solidarietà comunale, che assicura a tutti i sindaci le risorse minime per finanziare i servizi pubblici locali.

Si tratta di poste di bilancio che tuttavia potrebbero essere recuperate nelle prossime settimane se sarà recuperata l’agibilità di governo . Più complicato invece tornare indietro dall’aumento dell’Iva una volta che martedì diventasse operativa l’aliquota del 22%. Dal punto di vista dei conti pubblici questa potrebbe paradossalmente diventare una buona notizia per il Tesoro, che avrebbe un miliardo di euro un meno da trovare e non ha mai considerato il congelamento dell’aliquota come l’obiettivo prioritario. La bozza di decreto di ieri stabiliva coperture "pesanti" per evitare l’aumento. Un rincaro di benzina e gasolio di due centesimi al litro subito e di 2,5 cent da gennaio 2014. Le società di capitale inoltre avrebbero avuto una maggiorazione al 103% degli acconti Ires e Irap di novembre. Meno tasse da una parte ma più tasse dall’altra: cittadini e imprese pagheranno comunque, con o senza aumento Iva.

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