mercoledì 11 maggio 2022
La Società Italiana di Pedagogia si interroga sullo “ius scholae” fermo in Commissione. Fiorucci (Siped): diamo un diritto a bambini che sono in Italia da una vita
Una manifestazione per una nuova legge sulla cittadinanza nel 2017

Una manifestazione per una nuova legge sulla cittadinanza nel 2017 - Ansa

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Cambiare la legge sulla cittadinanza, basta bambini “stranieri a casa propria”. Arrivano parole nette dal Gruppo Intercultura della Società Italiana di Pedagogia (Siped) sulla riforma della cittadinanza. La presa di posizione avviene nel corso di un incontro con il deputato Giuseppe Brescia, relatore della proposta sinora ferma alla Commissione Affari Costituzionali.

«Attendiamo da tempo una riforma che dia diritto di cittadinanza a bambini e ragazzi effettivamente italiani». Così Massimiliano Fiorucci, il presidente della Siped, la società scientifica che riunisce i pedagogisti delle università italiane, indica l’urgenza della riforma. Per il Ministero dell’Istruzione i bambini senza cittadinanza italiana tra i banchi erano 877mila nell’anno scolastico 2019-20, il 10,3% della popolazione scolastica. Le loro famiglie provengono soprattutto dall’Europa (45,4%), poi dall’Africa (26,1%) e Asia (20,5%). I loro passaporti mostrano l’anacronismo: il 65,4% di questi minori stranieri sono «qui da una vita», sono nati in Italia. È la fotografia di un Paese che cambia: dieci anni prima, i nati in Italia erano solo il 26% tra gli alunni stranieri.

L’attuale legge compie trent’anni: quella del 1992 aggiornava le norme del 1912, ma in realtà l’impianto rimaneva quello dell’età giolittiana, quando l’Italia era un paese di emigrazione (e quindi occorreva mantenere "il sangue" degli italiani che andavano all’estero) e non di immigrazione.

Per Brescia, presidente della Commissione Affari Costituzionali, «ogni tentativo di riforma è stato fin qui fortemente influenzato da strumentalizzazioni politiche». La proposta attuale risponde alla necessità di gradualismo, è meno avanzata delle richieste della società civile, ma «cambia il paradigma». Introduce lo ius scholae: può chiedere la cittadinanza un bambino nato in Italia o giunto entro i 12 anni, con entrambi i genitori regolarmente presenti, che abbia frequentato, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici nelle scuole italiane.

Per i pedagogisti lo ius scholae è una scelta di fiducia non solo verso i giovani che qui costruiscono il proprio futuro, ma verso gli insegnanti. È la scuola - e non il sangue - il principale agente di costruzione dell’identità.

Milena Santerini della Cattolica di Milano, coordinatrice del Gruppo Intercultura, spiega: «L’ottenimento della cittadinanza è un momento importante dell’integrazione ed è frequentando la scuola che si possono esercitare le competenze dei cittadini. Come mostrano molte esperienze a livello psicopedagogico, esiste un vero e proprio "vantaggio di cittadinanza" per i bambini e per la società che li accoglie. Una recente ricerca olandese del 2021 prova come gli studenti che acquisiscono la cittadinanza hanno una probabilità decisamente maggiore di seguire traiettorie di successo». Al contrario - ricorda l’altro coordinatore del Gruppo Intercultura Agostino Portera dell’Università di Verona - non avere la cittadinanza è associato a un rischio maggiore di abbandono scolastico e di esclusione sociale. «I giovani – continua Santerini – percepiscono la cittadinanza come una protezione dalla precarietà del diritto e una condizione per una piena ed effettiva partecipazione. I bambini che si sentono più inclusi nella società hanno livelli di motivazione più elevati».

Maurizio Ambrosini della Statale di Milano sottolinea come nel campo lavorativo la mancata cittadinanza causa la discriminazione e aggiunge: «Lo ius scholae è stato introdotto in Grecia proprio durante la crisi economica: si possono fare riforme coraggiose, capaci di guardare avanti, anche nei momenti di difficoltà".

In Italia, invece, spesso il tema è stato posposto «per altre priorità»: a fine maggio i capigruppo della Camera dovranno decidere se portare in aula il testo che ora è al vaglio della Commissione. Anche ieri è stata un’ulteriore giornata di ostruzionismo. Intanto, tra i giovani “made in Italy” c’è chi cresce sognando di diventare commissario di polizia o pilota d’aereo, ma poi scopre che non è possibile perché ha perso la residenza per pochi mesi e quindi non ottiene la cittadinanza. Chi è l’unico della classe che non va in gita all’estero o chi, in diversi sport, vestirebbe la maglia azzurra per il merito e invece deve seguire i mondiali dalla tv perché “straniero a casa propria”.

IN PARLAMENTO: La proposta di modifica in stallo. Scontro sull'ostruzionismo

Di sicuro non approderà in Aula questo mese, visto che un paio di settimane fa la conferenza dei capigruppo non l’ha calendarizzata per maggio. Dunque l’assemblea di Montecitorio non vedrà la proposta di legge sullo Ius Scholae sui propri tavoli prima di giugno, quando si svolgeranno però le elezioni amministrative e il referendum sulla giustizia. Anche perché continua ad andare a rilento l’esame del testo in commissione Affari sociali della Camera, che ha adottato il testo base lo scorso 9 marzo. Qui sono stati finora votati e respinti appena una dozzina dei circa 500 emendamenti presentati in totale. In commissione finora ha retto l’asse dei favorevoli – composta da M5s, Pd, Leu, Iv e Forza Italia (anche se gli azzurri mirano ad apportare alcune modifiche) – che hanno sempre votato a favore del testo base e si contrappongono contro l’altro schieramento, formato da Lega e Fratelli d’Italia, nettamente contrario al pdl. Contro l’ostruzionismo del Carrroccio e di Fdi si sono espresse in settimana diverse associazioni, raggruppate nel tavolo cittadinanza, chiedendo al premier Draghi e alla maggioranza, con una lettera-appello, di votare lo Ius scholae entro la fine della legislatura. Nei giorni scorsi anche il leader M5s Giuseppe Conte è intervenuto in favore della legge sulla cittadinanza: «Votare contro lo Ius scholae è un atto di barbarie».

L'appello al governo: "Noi siamo pronti e voi?"

«In Italia non hanno ancora la cittadinanza italiana centinaia di migliaia di persone nate sul territorio nazionale, o arrivate in giovanissima età. C’è oggi una possibilità: è pronta una legge sulla cittadinanza che il parlamento può già votare» sostengono i promotori della campagna "Noi siamo pronti, e voi?". La lanciano la rivista e centro studi Confronti, Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane (Conngi) e Italiani Senza Cittadinanza per chiedere che la legge sulla cittadinanza, detta dello “Ius Scholae”, «venga calendarizzata in Parlamento e votata entro la fine della legislatura». In una lettera rivolta al presidente del Consiglio, Mario Draghi, e alle forze politiche che compongono il governo disposte a votare la legge i promotori sottolineano che «i numeri in Parlamento ci sono: è evidente che siamo arrivati al momento della verità». Tra i primi firmatari della campagna: Edith Bruck, Oliviero Toscani, Paolo Fresu, Gad Lerner, Luigi Manconi, Igiaba Scego, Corrado Augias, Maurizio Ambrosini, Valerio Carocci, Orchestra di Piazza Vittorio, Piccola Orchestra di Tor Pignattara, Roberto Zaccaria, Mohamed Keita, Giacomo Marramao.

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