mercoledì 15 aprile 2015
Sarà sancita oggi la spaccatura del gruppo dem sulla legge elettorale. Ma sul voto in Commissione non c'è ancora  nulla di deciso. Rispunta l'ipotesi della fiducia.
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Vigilia di fuoco nel gruppo del Pd, che oggi dovrebbe sancire la spaccatura sull’Italicum. Si fanno i conti sui no che questa sera potrebbero accogliere il discorso di Matteo Renzi, deciso ad andare avanti sulle riforme, senza più voltarsi indietro. Sulla legge elettorale, dice il segretario democratico, «vediamo la fine, dopo mesi passati a discutere abbiamo detto 'basta si decide'. Non è il Monopoli dove c’è la casella 'tornate al vicolo corto'». Una chiusura che sembra avvicinare la soluzione estrema della richiesta di fiducia da parte di un Renzi molto sicuro dei numeri. Se infatti continuano a crescere i dissidenti (dai 40 iniziali, si è arrivati a 70, poi 100 e c’è chi ne conta 150), il capo del governo ha sempre nella fondina l’arma delle elezioni anticipate. Uno spauracchio per chi teme di tornare alle urne e non essere ricandidato. Una certezza per il leader pd, convinto che nelle condizioni attuali, con le opposizioni frantumate, sarebbe solo l’occasione per una riconferma, anche con il proporzionale previsto dal Consultellum.  E però da qui al 27 aprile, quando l’Italicum approderà in aula, per essere votato verosimilmente intorno al 12 maggio, sono diverse le tappe per costruire consensi sul testo, secondo i vertici di largo del Nazareno, che confidano in un abbassamento dei toni e un ripensamento diffuso. Il voto di oggi, infatti, sarà il segnale di un dissenso organizzato. Ma già in Commissione, i dissidenti potrebbero essere sostituiti con compagni di partito renziani, per evitare la frattura. E in aula, secondo i renziani, la bolla potrebbe sgonfiarsi.  Di certo, le anime delle opposizioni interne non demordono. Ieri la corrente del capogruppo Roberto Speranza ha sancito il suo 'no'. Nonostante i toni distensivi del vicesegretario Lorenzo Guerini, che aveva ventilato la riconferma alla presidenza del gruppo dell’esponente bersaniano. La sua Area riformista chiederà ufficialmente a Renzi le modifiche e di fronte al rifiuto voterà contro. La posizione da tenere poi in Aula dovrà essere decisa in un secondo momento, però. Non aiuterebbe comunque la richiesta di fiducia, secondo Cesare Damiano. Ma da qui all’arrivo in aula, incalza dalla minoranza Davide Zoggia, ci sarà un nuovo incontro. «Ascolterò la relazione del premier e spero ancora di trovare nelle sue parole quella volontà di ascolto che può aiutare tutti a tagliare il traguardo di una buona legge elettorale», ragiona Gianni Cuperlo, mentre Pier Luigi Bersani dirà solo oggi la sua su una situazione che pare ormai arenata. «Questo è il tempo, queste sono le ore, per cercare con ostinazione di ultimare il mosaico di un nuovo ordinamento dello Stato, nuove regole per la rappresentanza e la fine del vecchio bicameralismo – secondo Cuperlo – . Insomma migliorare l’Italicum alla Camera non significa instradare la riforma su un binario morto. Penso sia vero l’opposto».  Parole che sembrano continuare a cadere nel vuoto, anche se c’è chi non esclude la possibilità che un’apertura dal premier arrivi, ma sulla riforma del Senato. «Modificare le regole del gioco serve a preservare le istituzioni e non a metterle in discussione – spiega Renzi – . E la stabilità del governo può consentire ai politici di evitare di condizionare i tecnici e ai tecnici di non pensare di sostituire i politici». Insomma, insiste il capo del governo, «sta cambiando molto nella struttura del nostro Paese e la grande riforma, da quella istituzionale a quella elettorale alla Pa fino alla giustizia, entro l’anno sarà realizzata».
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