mercoledì 9 ottobre 2013
​La ricerca che misura le competenze degli adulti fra i 16 e i 65 anni in 24 Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ci vede all’ultimo posto per le abilità alfabetiche e al penultimo posto per quelle matematiche. Il 70% della popolazione non arriva al livello 3 considerato «minimo per vivere e lavorare nel XXI secolo».
Un'alleanza sussidiaria per battere «l'incompetenza» di Elena Ugolini
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​L'unica consolazione è che stiamo migliorando. Ma il quadro complessivo è sconfortante. Fra i 24 Paesi dell’Ocse siamo infatti ultimi per competenze alfabetiche, penultimi per quelle matematiche. E il 70% della popolazione italiana tra i 16 e i 65 anni non arriva al livello 3 (dal -1 al 5), considerato dall’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica quello "minimo" per «vivere e lavorare nel XXI secolo».

I risultati della ricerca Piaac, effettuata in Italia dall’Isfol per conto del ministero del Lavoro, segnalano dunque un deficit preoccupante nelle competenze «fondamentali per la crescita individuale, la partecipazione economica e l’inclusione sociale». In un punteggio che va da 0 a 500, il risultato medio degli adulti italiani è pari a 250, contro una media Ocse di 273. A livelli analoghi ai nostri ci sono la Spagna (252) e la Francia (262), più distaccata la Germania (270) mentre ai vertici della classifica si trovano la Finlandia (297) e il Giappone (306). Va appena meglio nelle competenze matematiche la media italiana è pari a 247 rispetto a 269 di quella Ocse. Ma è soprattutto nell’analisi dei diversi livelli che la fotografia sembra il ritratto di un popolo di "incompetenti". Per le competenze alfabetiche, infatti, solo il 29,8% degli adulti italiani si colloca al livello 3 o superiore, il 42,3% al livello 2 e il 27,9% non supera il livello 1. Peggio per la matematica: il 28,9% è al livello 3 o superiore, il 39% a livello 2 e il 31,9% al livello 1 o inferiore.

Com’era prevedibile si riscontra un divario tra Nord e Sud, ma è interessante notare come siano più alte le medie del Nordest e del Centro, mentre il Nordovest soffre quasi come il Mezzogiorno. Gli studi hanno ovviamente un impatto positivo nell’elevare le competenze, tanto che il 40% di chi ha seguito un percorso formativo raggiunge o supera il livello 3, contro il 20% di chi non ha seguito l’intero percorso. E spicca il dato particolarmente preoccupante dei Neet, cioè i giovani che non studiano né lavorano né sono in formazione. Le loro competenze alfabetiche sono di 8 punti inferiori alla media nazionale e appena il 5% di loro raggiunge il livello 3, contro il 25% dei coetanei che lavorano e il 50% di quelli che studiano. Di per sé però anche lo studio non rappresenta una "garanzia assoluta" di padroneggiare alte competenze. Nel confronto internazionale fra la popolazione con pari istruzione, infatti, si nota come la differenza rispetto alla media Ocse in matematica cali progressivamente da 8 punti per le scuole primarie a 5 nelle secondarie, per risalire invece addirittura a 16 tra i laureati. Stesso scenario nelle prove alfabetiche: da 11 punti nelle primarie a 9 nelle secondarie e di nuovo a 16 fra i laureati. Un gap rispetto ai laureati negli altri Paesi che i nostri giovani rischiano di pagare sul mercato del lavoro globale. Purtroppo molto basso si rivela anche il dato sulla partecipazione alla formazione, formale e informale, che riguarda il 24% dei lavoratori contro una media Ocse del 52%.

Dall’indagine emergono comunque anche una serie di aspetti positivi, come la netta riduzione dell’analfabetismo. Rispetto alle precedenti indagini internazionali (Ials e All), infatti, cala la percentuale di popolazione che si posiziona nei livelli più bassi di competenza (la quota sotto il livello 1 passa dal 14% a circa il 5,5%). Si contrae anche la forbice tra giovani e anziani; con un miglioramento delle fasce di età più mature. Così pure significativa è la riduzione del divario tra maschi e femmine. Per le donne si rileva, infatti, un netto recupero di competenze e le disoccupate registrano un punteggio più elevato rispetto ai disoccupati maschi: 250 contro 234 sul piano alfabetico; 243 contro 227 su quello matematico. «Confermando così – nota lsfol – l’esistenza di un significativo capitale femminile che meriterebbe di essere maggiormente valorizzato sul piano professionale». In generale, l’Italia mostra un netto miglioramento rispetto al passato, mentre gli altri Paesi sono stabili, e si contrae lo scarto con la media Ocse. Insomma, si può ancora sperare di recuperare posizioni.

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