giovedì 7 maggio 2015
Avanza la proposta. Dubbi sui rischi per i migranti. Accoglienza: primi no. Elaborato un piano con interventi militari da sottoporre al Consiglio di sicurezza.
Ieri altri mille sbarchi a Napoli e La Spezia
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Si all’intervento militare sulle spiagge libiche in «un quadro legale che ci consenta di colpire i trafficanti» con operazioni mirate e decise volta per volta. È questa la cornice entro la quale il 18 maggio il consiglio di Sicurezza dell’Onu deciderà se dare seguito alla proposta che l’Italia sta mettendo a punto e verrà proposta attraverso i membri europei del quintetto composto da Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito. In ogni caso ci vorranno almeno due mesi perché il piano, se approvato, diventi operativo. Bisognerebbe attendere il vertice Ue del 25-26 giugno.Nell’attesa, si continua a sbarcare e a morire. Ieri un barcone è stato accostato da un mercantile, ma durante le operazioni di salvataggio si è rischiata una nuova strage. In totale oltre 700 persone soccorse in svariate operazioni, mentre è stato arrestato lo scafista del gommone intercettato martedì con cinque morti a bordo: un somalo di 27 anni. Sempre ieri sono state diffuse le drammatiche immagini del gommone avvicinato da una porta container, mentre la calca provoca l’affondamento con 40 morti.Intanto la proposta del ministro Alfano di accogliere i migranti equamente nelle regioni italiane incontra resistenze. La Valle D’Aosta ha già detto di no, «oltre ai 62 posti già occupati». Negli ultime settimane dal Viminale sono partite due circolari direttive a tutti i prefetti con la richiesta di individuare prima 6.500 e poi 9mila posti. La proposta italiana terrebbe conto della necessità di procedere per gradi. Solo dopo la pressione diplomatica su quel che resta delle autorità libiche scatterebbe l’intervento armato se le pressioni politiche si rivelassero inefficaci. La bozza di risoluzione a cui stanno lavorando i membri europei dell’organo Onu (Francia, Gran Bretagna i membri non permanenti Spagna e Lituania) punta ad autorizzare una missione a prevalente forza Ue. E ieri per la prima volta da mese la Guardia costiera libica ha respinto 600 migranti che tentavano di partire verso l’Europa. I profughi sono stati tutti arrestati e condotti in centri di detenzione senza alcuna garanzia di rispetto dei diritti umani fondamentali. Tra essi donne incinte e 18 bambini, ha dichiarato il portavoce del dipartimento di polizia Mohamed al-Ghwaili.Il consiglio di sicurezza affronterà l’argomento il 18 maggio e non prima per attendere che in Gran Bretagna le elezioni politiche siano ormai alle spalle. A quanto trapela, si sta negoziando per arrivare a una prima decisione per un’azione militare. La bozza di risoluzione fa leva sul "Capitolo 7" della Carta delle Nazioni Unite, che in casi estremi consente l’uso della forza. In altre parole, l’intervento prevede l’utilizzo di droni e in generale della forza aerea (non esclusi gli elicotteri da combattimento) oltre ai mezzi delle marine militari fin dentro le acque territoriali libiche. Non è escluso che alcuni Paesi intendano inviare proprie navi da guerra principalmente per respingere le carrette del mare. Lo scoglio da superare, dal punto di vista militare, oltre che sul piano dell’opportunità politica e delle conseguenti ricadute sui profughi, è il rischio di "danni collaterali" sulle persone, che facilmente potrebbero essere usate dai trafficanti come scudi umani.Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ieri a Varsavia, dove ha sede l’agenzia eupea Frontex che coordina la controversa operazione Triton, si è augurato che la risoluzione «venga approvata nel giro di una decina di giorni», pur non nascondendosi le incognite: «Non sarà facile perché per la prima volta questo tema approda in consiglio di sicurezza, ma sono fiducioso».
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