lunedì 11 marzo 2013
Presentato a Roma il rapporto “Benessere equo e sostenibile” di Istat-Cnel. Tasso di occupazione sceso al 61,2%, solo Ungheria e Grecia peggio di noi. Particolarmente critica la situazione dei giovani: solo uno su tre ha un lavoro. E spesso è precario.
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In Italia il potere d'acquisto, cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, durante la crisi è crollato, scendendo del 5% tra il 2007 e il 2011. È quanto rileva il primo rapporto sul “Benessere equo e sostenibile” (Bes) messo appunto da Istat e Cnel. Nel 2011 il tasso d'occupazione per la classe 20-64enni è sceso al 61,2%, dal 63% del 2008. Nell'Ue a 27 presentano un tasso ancora più basso dell'Italia solo l'Ungheria e la Grecia. Ciò è dovuto soprattutto alla scarsa occupazione che si registra tra le donne italiane, il cui tasso non raggiunge il 50% e nel Mezzogiorno. Per far fronte alla progressiva erosione del potere d'acquisto, le famiglie hanno il patrimonio, risparmiando meno e, in alcuni casi, indebitandosi. La quota di persone in famiglie che hanno ricevuto aiuti in denaro o in natura da parenti non coabitanti, amici, istituzioni o altri è passata dal 15,3% del 2010 al 18,8% del 2011 e, nei primi nove mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate e' passata dal 2,3% al 6,5%.l tasso d'occupazione per i giovani tra i 20 e 24 anni è pari al 33,8%, ovvero hanno un impiego poco più di tre ragazzi su dieci. E il tasso di mancata partecipazione al lavoro nella stessa fascia d'età tocca il 41,7%. Ecco che l'Italia è il Paese europeo che, dopo la Spagna, presenta la più forte esclusione dei giovani dal lavoro.  Inoltre in Italia i fortunati che lavorano spesso devono accontentarsi di rapporti a tempo determinato. Sempre dal rapporto Bes emerge che la quota di quanti svolgono da almeno cinque anni un lavoro a termine  nel 2011 coinvolge circa 500mila occupati, ovvero un quinto dei lavoratori a termine. Chi entra in un percorso lavorativo che presenta scarse possibilità di accedere e una condizione occupazionale stabile prima di compiere 30-40 anni rischia poi di restare intrappolato in rapporti instabili. Negli ultimi cinque anni la crisi ha avuto profonde ripercussioni sul tessuto sociale italiano, causando l'aumento delle disuguaglianze e delle differenze territoriali e riducendo la già scarsa mobilità sociale. È inoltre cresciuta la quota di famiglie indebitte: nei primi 9 mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate, sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2011, ha segnato un balzo, passando dal 2,3% al 6,5%. Iil rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) spiega che il più frequente ricorso al debito, generato in molti casi da mere esigenze di spesa, riguarda importi mediamente più bassi. Presentato il Bes, misuratore del benessereDodici campi, dalla salute al lavoro, dall'ambiente alle relazioni sociali e 134 “termometri” per misurare il benessere equo e sostenibile (Bes), con l'obiettivo di monitorare lo stato di salute del Paese con indicatori che vadano «al di là del Pil». Un tema che negli ultimi anni ha registrato un vivace dibattito a livello internazionale e che ora vede l'Italia schierata in prima linea.È questo il lavoro portato avanti dal Cnel e dall'Istat sin dal dicembre del 2010 e oggi arriva a compimento con la presentazione del primo rapporto Bes davanti al capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il Cnel, organo a cui partecipano rappresentanti di associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e del terzo settore, e l'Istat, dove operano esperti della misurazione dei fenomeni economici e sociali, hanno unito le proprie forze pergiungere ad un insieme condiviso di indicatori utili a definire lo stato e il progresso del Paese. È stato così costituito un comitato insieme all'associazionismo femminile, ecologista, dei consumatori, a cui si è affiancata una commissione scientifica.Lavoro, famiglia e fiduciaNonostante gli effetti della crisi sul mondo del lavoro e i forti squilibri gli italiani si dicono soddisfatti del proprio lavoro, esprimendo un voto positivo, pari al 7,3 in una scala da zero a dieci.  La famiglia, tradizionalmente al centro della vita di relazione nel nostro Paese, continua a essere la più importante rete di sostegno e solidarietà, mentre cresce la diffidenza verso gli altri. La soddisfazione dei cittadini per le relazioni familiari, rileva il rapporto Bes, è tradizionalmente alta. Nel 2012, sono il 36,8% le persone di 14 anni e più che si dichiarano molto soddisfatte per le relazioni familiari; a questi si aggiunge un 54,2% che si dichiara abbastanza soddisfatto. Tuttavia, il carico del lavoro di cura che ne deriva, soprattutto per le donne, rischia di diventare eccessivo, anche a causa della carenza di alcuni servizi sociali. Intorno alla famiglia, rileva il rapporto, si tesse una rete di relazioni con parenti non conviventi e amici, che svolge un ruolo fondamentale nella dotazione di aiuti sui quali individui e famiglie sono abituati a contare. Nel 2009, quasi il 76% della popolazione ha dichiarato di avere parenti, amici o vicini su cui contare e il 30% hadato aiuti gratuiti.

L'associazionismo e il volontariato rappresentano una ricchezza per il nostro Paese, che non è però distribuita su tutto il territorio ed è meno presente nel Mezzogiorno, cioè dove i bisogni sono più gravi. In particolare, dichiara di svolgere attività di volontariato il 13,1% della popolazione di 14 anni e più residente nel Nord a fronte di una quota che nel Mezzogiorno si colloca al 6% e di una media nazionale del 9,7%.

 
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