venerdì 20 maggio 2016
​Dati Istat: il Pil per la prima volta in tre anni in lieve risalita. Ma a preoccupare sono le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e la disoccupazione giovanile. Spesa sociale in calo, siamo ai livelli della Grecia.
Italia fuori da crisi, ma è allarme giovani
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​Nel 2015 l'Italia è uscita finalmente dalla crisi, registrando per la prima volta dopo tre anni una crescita del Pil, ma nel Paese crescono le diseguaglianze dal punto di vista della distribuzione del reddito. Lo rileva l'Istat nel rapporto annuale 2016, sottolineando che a pesare sono, in particolare, le differenze di genere, di età, di titolo di studio e di posizione contrattuale (in particolare la stabilità dell'occupazione) e la famiglia di provenienza. "Dopo la recessione degli ultimi tre anni, nel 2015 il Pil in volume ha segnato una moderata crescita (+0,8%), che riflette la marcata accelerazione dell'attività nel primo trimestre e il progressivo rallentamento nel resto dell'anno". La lieve ripresa, prosegue l'Istat proseguirà anche nel 2016. Se il dato, dal punto di vista macroeconomico, lascia bene sperare, non può essere sottovalutato però il fatto che in Italia la disuguaglianza nella distribuzione del reddito è aumentata in dieci anni (1990-2010). A preoccupare è soprattutto la condizione dei giovani: senza lavoro sono costretti a restare sempre più a lungo in famiglia, si sposano tardi, fanno un lavoro per il quale sono troppo qualificati e a volte neanche la laurea sembra essere sufficienti. Giovani troppo istruiti. Oltre un ragazzo su tre tra i 15 e i 34 anni è "sovraistruito", troppo qualificato per il lavoro che svolge. La quota è 3 volte superiore a quella degli adulti (13%). È quanto emerge dall'ultimo Rapporto annuale dell'Istat. Tra i giovani inoltre è più diffuso il part time, soprattutto involontario. Da qui la necessità di restare a lungo nella casa natale. Bamboccioni per forza. Più di 6 giovani su 10 (62,5%) tra i 18 e i 34 anni hanno vissuto ancora a casa con i genitori. Lo evidenzia il Rapporto 2016 dell'Istat, sottolineando che il dato ha riguardato nel 68% dei casi i ragazzi e nel 57% le ragazze. Nel contesto europeo l'Italia si schiera quindi in pieno con le medie dei paesi mediterranei. Studenti ad oltranza. Altro effetto della mancanza di lavoro il proseguimento ad oltranza degli studi. Rispetto a una ventina di anni fa sono quasi raddoppiati i giovani che a tre anni dalla laurea non cercano lavoro, la maggior parte perché ha deciso di continuare a studiare. A tre anni dal conseguimento del titolo, nel 1991 i laureati occupati erano il 77,1%. Questo valore è sceso al 72% nel 2015, anno nel quale non cercano lavoro circa il 12,5% dei giovani laureati. Matrimoni sempre più tardi. Aumenta l'età di chi decide per la prima volta di convolare a nozze: lo conferma l'Istat con il suo Rapporto Annuale 2016, secondo il quale la media del primo matrimonio delle donne è stata, nel 2014, di 30 anni e 7 mesi. Inoltre la famiglia tradizionale - composta cioè dalla coppia coniugata con due figli - non è più il modello dominante, visto che rappresenta meno di un terzo dei nuclei familiari (33%). Allo stesso modo le nuove forme di famiglie sono più che raddoppiate: quelle unipersonali e quelle ricostituite. Allarme rosso al Sud: una famiglia su quattro senza lavoro. In Italia 2,2 milioni di famiglien Italia 2,2 milioni di famiglie vivono senza redditi da lavoro. È il dato relativo al 2015 che emerge dall'ultimo rapporto annuale dell'Istat. Le famiglie "jobless" sono passate dal 9,4% del 2004 al 14,2% dell'anno scorso e nel Mezzogiorno raggiungono il 24,5%, quasi un nucleo su quattro. Italia bocciata sul sociale. Il sistema di protezione sociale italiano è tra quelli europei "uno dei meno efficaci". Lo rileva il Rapporto annuale Istat 2016, evidenziando come "la spesa pensionistica comprime il resto dei trasferimenti sociali", aumentando il rischio povertà. Nel 2014 il tasso delle persone a rischio si riduceva dopo il trasferimenti di 5,3 punti (dal 24,7% al 19,4%) a fronte di una riduzione media nell'Ue di 8,9 punti. Solo in Grecia il sistema di aiuti è meno efficiente che in Italia.

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