martedì 16 settembre 2014
Mazzei: «Non siamo faccendieri». Gli associati «seguono un codice deontologico rigoroso, ma serve una legge per tutti, contro le zone d'ombra».
Soldi ai partiti e peso delle lobby di Leonardo Becchetti
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Giuseppe Mazzei è un «lobbista» e se ne vanta. Anzi, afferma con orgoglio: «Rivendico la specificità della mia professione, che non va assolutamente confusa con quella dell’intermediario». O - ma Mazzei questa parola non la pronuncia – del 'faccendiere'. Mazzei ha fondato un’associazione di lobbisti, 'Il Chiostro', che è in prima fila per chiedere una legge di regolamentazione che assicuri il massimo di trasparenza. Insomma, Mazzei: tra lei e un Bisignani che differenza c’è? Facciamo un mestiere diverso. Si spieghi meglio... Il lobbista è un professionista che rappresenta specifici interessi, alla luce del sole e si occupa, prevalentemente, di produzione legislativa. Non di procacciare affari. Dunque, lei si reca in Parlamento e spiega ai deputati o ai senatori come dovrebbero scrivere una legge... Spiego loro le possibili conseguenze per settori dell’economia o della società civile di una legge scritta male. Il parlamentare non può sapere tutto. L’ascolto delle esigenze di chi opera in settori specifici diventa fondamentale proprio per produrre una buona legislazione. Insomma, il lobbista è una sorta di avvocato del mondo dell’economia e del sociale in Parlamento. Più o meno, è così. Ci occupiamo di migliorare la produzione normativa. Il problema è che non si sa mai dove finisce l’ascolto e dove iniziano le pressioni indebite... Proprio per questo, gli associati al Chiostro operano seguendo un rigidissimo codice deontologico. Che cosa prevede questo codice? Il massimo di trasparenza. Non devono occuparsi di appalti e gare. Non devono avere conflitti di interesse. E devono fare attenzione alla questione delicatissima dei finanziamenti ai partiti. I nostri associati hanno l’obbligo rigoroso di astenersi da finanziare partiti o candidati, in qualunque forma. Compresi i regali? Quelli di un certo valore, sicuramente. Una cosa è regalare un’agenda, un’altra pagare una settimana per due persone ai Caraibi. Questo codice lo seguite voi. Ma gli altri? Per questo è da tempo che chiediamo una legge che regolamenti il settore e che valga per tutti gli operatori. Abbiamo fatto una nostra proposta che abbiamo inviato anche al presidente del Consiglio Renzi. E che cosa prevede questa vostra proposta? Innanzitutto la creazione di un registro professionale obbligatorio e pubblico, a cui si deve iscrivere chiunque voglia fare lobby. L’iscrizione a questo registro comporta il rispetto di norme stringenti e sanzioni, pecuniarie e disciplinari, fino alla sospensione e alla radiazione, per chi le viola. Sono anni che il Parlamento tenta di fare una legge. Chi resiste, le lobby o la politica? C’è molta gente, da una parte e dall’altra, che ha interesse a mantenere una zona d’ombra, all’interno della quale è difficile distinguere tra lecito e illecito. Che ne pensa degli ex parlamentari che diventano lobbisti? Che se vogliono fare lobby devono rinunciare a tutti i privilegi che gli spettano come ex parlamentari. Per fare un esempio? Per entrare nei Palazzi devono accreditarsi e indossare il badge come tutti gli altri. (Fine. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 12 e 13 settembre)  
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