sabato 6 agosto 2022
Il segretario dem: «Accordi separati, ma compatibili, resi necessari dalla legge elettorale». Sui collegi uninominali, rapporto 80-20 con Fratoianni-Bonelli, 92-8 con Impegno civico
La foto dell’accordo a sinistra: da sinistra, Bonelli e Zabatta di Europa verde, Letta del Pd e Fratoianni di Sinistra italiana. Poi il Pd ha trovato l'intesa anche con Di Maio

La foto dell’accordo a sinistra: da sinistra, Bonelli e Zabatta di Europa verde, Letta del Pd e Fratoianni di Sinistra italiana. Poi il Pd ha trovato l'intesa anche con Di Maio - Ansa

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Enrico Letta ricuce a sinistra. Dopo giorni di parole grosse, minacce da parte di Carlo Calenda di mettere in discussione l’intesa col Pd, tentativi di riaprire le trattative con il M5s, il segretario dem chiede e ottiene un abbassamento dei toni, e poi può presentarsi, davanti alle telecamere, in compagnia di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni: «Sono contento dell’accordo elettorale raggiunto», con Europa verde e Sinistra italiana, scandisce bene le parole.

Nessuna intesa di governo e nessun colpo di spugna sul pregresso, che li ha visti schierati in posizione opposta rispetto all’esecutivo Draghi. Letta ribadisce in premessa che l’accordo con Calenda resta in vigore sui punti concordati. Ma questo nuovo accordo a sinistra («separato ma compatibile» con quello con Azione) viene definito «necessario» perché obbligato per la parte uninominale dell’attuale legge elettorale.

«La solitudine è penalizzante, non è un caso che la destra senza perdere nemmeno un minuto, ha fatto un’intesa che ha messo insieme tutte le anime». Mentre «il nostro ha richiesto una riflessione molto più profondità. È un accordo basato sulla difesa della Costituzione», sottolinea. Prevede sui seggi uninominali un 80% al Pd e un 20% a Verdi-Si. Naturalmente si riferisce alla quota che il Pd detiene al netto dell’intesa con +Europa e Calenda, che restano estranei all’intesa e già è tanto - anzi - che abbiano rinunciato a mettersi di traverso.

«Regalare seggi a questa destra estrema non è accettabile», concorda Bonelli. «Costruire un fronte ampio, pur con le differenze che conosciamo, è dirimente» per il co-portavoce dei Verdi, che aveva chiuso invece a ogni trattativa con M5s, tenuta in piedi, invece, fino all’ultimo da Fratoianni. Ma ora anche il leader di Sinistra italiana rinuncia a a farvi cenno: «Ricordare le differenze significa rendere più forte la necessità di una convergenza - dice solo -. Ci presenteremo agli italiani con parole chiare, ciascuno col proprio programma e la propria leadership, con le proprie idee. Insieme ci batteremo per evitare che la destra governi il governo del Paese», concorda Fratoianni.

«Sulle nostre spalle grava la responsabiltà di non avere un governo di destra-destra, ma non è un un accordo di governo - ribadisce Letta -: la legge elettorale può portare la destra unita ad avere la maggioranza dei 2/3 del Parlamento. Io lancio questo allarme. Senza questi accordi elettorali, la Costituzione potrebbe essere riformata da soli da Salvini e Meloni», avverte Letta.

Ma la giornata non è finita, dopo un’ora e mezzo di ulteriore riunione con Bruno Tabacci e Luigi di Maio, il segretario del Pd può dare un altro annuncio: «Sono contento della presentazione della lista Impegno civico che vuole essere un punto di riferimento importante per il mondo civico e i territori. C’è l’interesse di molti sindaci e liste civiche. Il collegamento è importante. Abbiamo convenuto una relazione fra noi che è stata identificata nel rapporto 92% a 8%» nei collegi uninominali».

Qui l’intesa era più scontata sul piano politico, essendoci una piena comunanza di intenti sull’agenda Draghi. «Si apre una campagna elettorale difficile e molto più contendibile di quello che si pensa», dice Bruno Tabacci. Il sottosegretario ha offerto alla formazione del ministro degli Esteri la disponibilità del simbolo di Centro democratico, per evitare la raccolta firme. «Tutto dipende dalla credibilità internazionale dell’Italia. Difendere l’agenda Draghi significa difendere i risultati economici raggiunti», sostiene Di Maio. Con il Pd ora resta da definire una eventuale ospitalità nelle liste dem per garantire il cosiddetto "diritto di tribuna".

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