venerdì 12 luglio 2019
Sul fine vita, Giorgetti con le associazioni contro l’eutanasia. «Situazione confusa, decreto impossibile» Mobilitazione perché almeno un’aula parlamentare si pronunci prima della Consulta
Il convegno di Roma

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Il Parlamento non può assistere inoperoso al trascorrere della dead line tracciata dalla Consulta per intervenire sulla legge del fine vita, il 24 settembre. La «condanna a morte», la chiama Giancarlo Giorgetti, riprendendo il tema dell’incontro «“Diritto” o “condanna” a morire per vite “inutili”? ». Si parte con una preghiera per Lambert, guidata dal cardinale Agostino Vallini. E trova una sala piena, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, al suo arrivo al salone dell’Opera romana pellegrinaggi: esponenti politici espressione di quasi tutti gli schieramenti, ma soprattutto dirigenti di 31 associazioni convocate dal forum online di approfondimento politico Vera Lex presieduto da Domenico Menorello. Chiarisce di parlare a titolo personale, Giorgetti, dal momento che – ricorda – i temi sensibili non sono nel contratto di governo. Ma la sua la dice, senza nascondersi.

Prima di lui il giurista Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, aveva parlato di legge «praticamente già scritta» dalla Consulta. Giorgetti non ci sta. Premette che nella maggioranza c’è una situazione «discretamente confusa e il tema non è adeguatamente compreso». Un quadro che – avverte – in caso di intervento legislativo «non lascia presagire una soluzione favorevole al senso da voi auspicato ». Il tema va quindi trattato «con equilibrio e ponderazione » di modo che, «magari con l’aiuto della Provvidenza, si arrivi a un qualche esito», con il dovuto «approfondimento, non in balia degli eventi». Non accetta però che «il 25 settembre si cambi una legge senza che il Parlamento si sia espresso, in un normale spirito di collaborazione fra organi dello Stato». Spera che quello della Consulta sia «un termine non perentorio per occuparsi della materia ». Non un semplice pronunciamento in Commissione, di cui pure si era parlato, «ma un dibattito in Aula, davanti al Paese, in almeno un ramo del Parlamento ». Il suo auspicio – aggiunge – è che si cominci a discutere seriamente, che tutte le forze vitali si rendano disponibili a fare massa e opinione». In ogni caso, se «non c’è tempo per fare una legge non c’è nemmeno tempo – per Giorgetti – che il Governo intervenga con un decreto legge», magari per chiedere un rinvio.

Il rinvio non è una soluzione praticabile per Alfredo Mantovano, del Centro Studi Livatino. Giudica «inusuale e contraddittoria » la sentenza della Consulta. «Dobbiamo ribadire – dice l’ex sottosegretario ora rientrato nei ranghi della magistratura – il diritto a una morte degna per tutti, anche per Totò Riina». E auspica «una grande mobilitazione culturale e popolare». In tal senso viene salutata con grande interesse la «giornata di riflessione e approfondimento» convocata per l’11 settembre da Scienza & Vita, Forum delle associazioni familiari, Movimento per la Vita, Medici cattolici, Forum delle associazioni sociosanitarie e dall’Associazione psicologi e psichiatri cattolici. Dal canto suo a una mobilitazione in piazza per settembre Massimiliano Gandolfini, presidente del comitato Difendiamo i nostri figli. Per non far passare anche in Italia una cultura che porta a iniziative grottesche, se il tema non fosse drammatico, come l’assunzione di navigator in Australia, persone che svolgono la funzione di accompagnare alla morte, di cui parla Assuntina Morresi, componente del Comitato nazionale per la bioetica ed editorialista di Avvenire, che raccoglie l’invito a un sano pragmatismo di Giorgetti e indica una strada per venire incontro alla sentenza della Corte Costituzionale senza minare i principi vigenti: attenuare la sanzione prevista dall’articolo 580 del Codice penale per l’aiuto al suicidio, ma solo «di fronte a circostanze concrete ben definite e ragionevoli ». Un conto è la cinica determinazione nel programmare la morte, un altro la situazione di un «soggetto che conviva stabilmente con il malato», purché vengano precisate le «tipologie di condizioni quali il grave turbamento determinato dalla sofferenza altrui».

È uno dei punti salienti del documento finale del convegno, che registra una larga convergenza anche di esponenti del Pd ( Vito De Filippo), di Liberi e uguali (Giuseppina Occhionero) e di M5s (Mariolina Castellone) che rivendicano libertà di coscienza su questi temi nei loro partiti. Sebbene – come ammette Giorgetti – un po’ in tutti i partiti, anche quelli più largamente rappresentati ieri (Lega, Forza Italia, Fdi), si registri un’attenzione non adeguata su questi temi. Nel documento, sottoscritto dalle 31 associazioni, illustrato in conclusione da Eugenia Roccella, un invito a far proprie le riflessioni del tavolo di lavoro “Vita e famiglia” della Cei e a sollecitare le Camere a intervenire con un secco no all’eutanasia e un rafforzamento delle cure palliative.


Mozione conclusiva lavori seminario

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