giovedì 15 aprile 2010
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Una sentenza di grande importanza, che sancisce definitivamente come la legislazione sul matrimonio nel nostro Paese sia conforme ai principi costituzionali e non sia affatto discriminatoria nei confronti delle coppie di fatto (e di quelle omosessuali, in particolare). È il giudizio sul pronunciamento della Consulta di Lorenza Violini, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Milano.Professoressa, iniziamo con le motivazioni per cui i ricorsi presentati alla Corte Costituzionale sono stati respinti.Per comprenderle nel dettaglio dobbiamo aspettare che vengano pubblicate integralmente. E però sappiamo che la Corte ha giudicato inammissibili le richieste relative all’articolo 2 e 117 e infondate quelle relative agli articoli 3 e 29 della Carta.Qual è la differenza tra i due aggettivi, in termini giuridici?Se un ricorso è giudicato inammissibile significa che non ha i requisiti tecnici, per così dire, per essere preso in esame dalla Corte. Se invece è infondato significa che la Corte lo ha preso in esame e lo ha valutato del tutto immotivato. Si tratta di una questione di merito: la Corte ritiene infondato il contenuto del ricorso.È dunque "infondata" la richiesta di un matrimonio tra persone dello stesso sesso?Esatto. La Corte Costituzionale con questa pronuncia sta dicendo che il matrimonio è riservato a persone di sesso diverso. O meglio, per essere più precisi, che la normativa vigente nel nostro Paese in tema di matrimoni nella sostanza corrisponde al disegno costituzionale e non è discriminatoria. Questo è un punto fondamentale, a mio avviso.Può spiegarlo?Il principio di uguaglianza è stato spesso invocato per rivendicare un trattamento giuridico di situazioni di fatto diverse da quella del matrimonio e in definitiva per equipararle a quest’ultimo. Simili richieste sono state accolte dalle corti internazionali e dai giudici di altri Paesi europei. L’Italia fortunatamente non è caduta nel grossolano equivoco.Eppure qualcuno dice che la pronuncia della Corte ha semplicemente demandato la questione al legislatore, e invoca già una legge sui matrimoni gay...È giusto che la Corte sottolinei come questa materia sia riservata alla discrezionalità legislativa. E discrezionalità legislativa significa anche la possibilità di non legiferare affatto. Cosa che non credo possa sussistere in questo caso, visto che i ricorsi sono stati dichiarati non solo inammissibili ma anche infondati dalla Consulta. Peraltro non sembra che dalla Corte sia stato rivolto alcun monito al legiferare.Che dire delle Regioni che invece hanno equiparato il matrimonio alle unioni di fatto anche omosessuali?Direi che dopo questa pronuncia, si potrebbe anche ripensare alla costituzionalità di certi Statuti regionali, ferma restando l’autonomia degli stessi.
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