La guerra? «Non è tra giovani e anziani». La guerra è «tra stagnazione e sviluppo». Per carità – riconosce Giuseppe Roma, direttore generale del Censis – un sacrificio da parte dei 50enni di oggi a favore di quelli di domani è auspicabile, «ma è solo un rattoppo: senza ricambio generazionale una società muore. E senza una trasmissione della memoria si apre alle più grandi crisi antropologiche, come vediamo nelle violenze assurde del nostro quotidiano».
Eppure i padri di oggi, che quando smettono di lavorare percepiscono quasi il 70% dell’ultimo stipendio, in qualche modo "depauperano" l’Italia dei loro figli, i quali tra 30 anni prenderanno pensioni da fame.Questo però è l’epilogo di errori fatti in passato, non colpevolizzerei i 50/60enni di oggi. Tra l’altro ormai vanno a esaurimento coloro che prendono una pensione agganciata all’ultimo stipendio, cosa che succedeva quando nascevano molti figli e si sapeva che avrebbero lavorato per pagare la pensione ai padri. Oggi che non facciamo figli il meccanismo è mutato: tanto versiamo, tanto avremo. Ma il problema è che i giovani non versano, perché precari o mal pagati, così il sistema "tanto versi, tanto avrai" fa sì che sotto i 39 anni abbiamo un terzo di lavoratori che guadagna meno di 1.000 euro al mese. Il 42% di questi nel 2050 avrà meno di 1.000 euro di pensione. Una pensione agganciata al reddito iniziale!
Guai nati nel passato, diceva.Negli anni ’70 e ’80 con la scusa di dare spazio ai giovani si sono ammessi privilegi e si è creato un circuito perverso di idee sbagliate, che hanno originato l’attuale ingiustizia sociale. Adesso per contro abbiamo messo i conti dell’Inps in equilibrio, ma non i conti degli italiani, con i giovani che se studiano non hanno la prospettiva di lavorare, e se lavorano non hanno la prospettiva di campare da pensionati, e questo rende nervosa una società.
Soluzioni?Fare in modo che questo mondo giovanile sia riconsiderato, perché ha tanta voglia di fare ma sente la pressione non tanto dei padri, quanto dei corporativismi. Ad esempio, perché non si deve rendere pubblico quanto ogni cittadino paga al fisco? Portiamo alla luce gli illeciti arricchimenti, senza sbandierare una privacy discutibile.
Non è limitativo affidare ai partiti responsabilità tanto vitali per le generazioni a venire?Sono d’accordo. Purtroppo il fatto che queste decisioni restino nelle mani dei partiti le lega a una convenienza di breve periodo. Noi siamo un Paese che a breve gittata trova sempre le soluzioni e sta meglio degli altri, ma nel lungo periodo sta peggio. Dobbiamo considerare il futuro della società: pensare ai giovani non è giovanilismo post Sessantotto, se la società non si rinnova nel capitale umano, è morta. Sono tornato ieri dagli Usa, lì le università non sono buchi neri ma vere città del sapere, dove le famiglie trovano attività per adulti e bambini, nei caffè ci sono computer per tutti e la dimensione sociale è vivacemente rivolta alle giovani generazioni. Il che però non significa dimenticare che gli anziani in Italia sono una risorsa enorme, vitale, attiva, sono proprietari della loro casa... ma non li avremo per sempre.
È pensabile ritoccare oggi le baby-pensioni elargite decenni fa?Tutti inorridiamo di fronte a un parassitismo che non ci saremmo dovuti permettere, ma ormai è poco realistico andare a caccia dei fantasmi del passato, non è mai bello ritornare sui patti, seppure sbagliati. E poi attenti: quelle pensioni oggi sono anche un aiuto per figli e nipoti.
Nel 2008 in Italia oltre il 60% delle prestazioni sociali è andato in spese pensionistiche. Troppo, ma se la vita si allunga e possiamo invecchiare più che in passato è anche una buona notizia. Come se ne esce?Appunto: non è giusto nemmeno essere egoisti verso gli anziani (e da questo 60% dovremmo espungere abusi e false invalidità). In Italia gli anziani non sono una popolazione che siede inerte sulle panchine del parco, ma il motore economico (alimentano una gran parte del nostro mercato, i servizi, la sanità...) e sociale (più di tutti fanno aggregazione, volontariato, tessuto sociale). Fino a una media di 76 anni invecchiano in salute, aiutano i figli ma anche i vicini di casa, danno assistenza ai malati. E a 65 anni hanno ancora la prospettiva di almeno un decennio di vita. Tutto questo è ovvio che è sostenuto dalle pensioni.
Ma la coperta resta corta. E giovani e anziani tirano la stessa.Sì ai sacrifici, purché non significhi dare più soldi a un sistema istituzionale che poi non li ha mai fatti rigirare in maniera positiva. Sarebbe credibile un patto preciso, del tipo noi lavoriamo più a lungo ma lo Stato dà case a basso costo alle nuove famiglie. Ma lavorare di più, risparmiare sulle pensioni e mettere tutto in un calderone bucato come la spesa pubblica non ha nulla di virtuoso.