mercoledì 6 febbraio 2013
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Per evitare che la cementificazione si divori la Penisola va rivisto il sistema di incentivi, favorendo il recupero delle costruzioni già esistenti. «L’Europa si è impegnata ad azzerare il consumo di suolo entro il 2050. Ma credo che l’Italia debba a raggiungere questo traguardo ben prima», afferma Stefano Pareglio, docente di Economia dell’ambiente e dell’energia all’Università Cattolica di Brescia.Lo studio dell’Ispra afferma che, ogni cinque mesi, perdiamo una superficie di “verde” grande come il comune di Napoli...Soltanto la crisi economica, negli ultimi anni, ha rallentato l’espansione delle città, senza comunque fermarla. Una delle ragioni di questo fenomeno è rappresentato dalle opportunità economiche: penso alla defiscalizzazione degli immobili funzionali all’esercizio dell’attività d’impresa, o alla possibilità per i comuni – in un momento in cui i trasferimenti dallo Stato sono in diminuzione – di usare gli oneri di urbanizzazione per le spese correnti.In sostanza, conviene economicamente costruire del nuovo, piuttosto che recuperare il vecchio...Oggi è così, oltre al fatto che per la lavorazione dell’esistente serve maggiore competenza rispetto alla realizzazione di nuove strutture.Si può invertire la rotta?Le ragioni del cambiamento sono economiche. Credo che si possa rendere meno conveniente costruire sul libero e, allo stesso tempo, favorire la riqualificazione di ciò che già c’è. Per fare questo, però, va creato un nuovo sistema di incentivi.E se invece non si cambia nulla?Dobbiamo ragionare sugli esiti: la cementificazione si concentra su pianure e fondovalli, alterando il ciclo delle acque, il paesaggio, e sottraendo all’agricoltura. Senza possibilità di tornare alle condizioni pre esistenti. Allo stesso tempo, dobbiamo comunque rilevare come il tema sia entrato nelle agende di chi si presenta alle elezioni. C’è più attenzione rispetto al passato.Ci sono modelli da seguire?Dal punto di vista normativo, potremmo «copiare» la Germania, che ha deciso di arrivare al consumo zero di nuovo suolo entro il 2020.Soltanto buone intenzioni, o anche concretezza?No, sono sulla strada giusta. Ma il percorso, lì, è iniziato nel 1990. In Italia esistono già alcuni comuni che, non solo per la crisi economica, stanno andando in questa direzione. Si tratta comunque di piccole realtà: per i comuni-capoluogo è più complicato.
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