sabato 18 gennaio 2014
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I Pd di Matteo Renzi sceglie la via delle riforme, piuttosto che dei provvedimenti di clemenza per arrivare a una «soluzione definitiva ai problemi» delle carceri. Alessia Morani, nuova responsabile giustizia del partito, promette: «Ci prendiamo la responsabilità di farlo davvero».Si avvicina il 28 maggio, data dopo la quale rischiamo una valanga di ricorsi per le condizioni detentive. Come far scendere la popolazione carceraria dagli attuali 62mila ai 48mila previsti?Dall’inizio della legislatura ci siamo concentrati sull’emergenza, consapevoli della condizione inumana in cui vivono i detenuti in alcune carceri. Ci siamo trovati ad affrontare l’ennesima emergenza, perché qualcuno prima di noi non solo non ha fatto riforme importanti, ma ha prodotto leggi come la Fini-Giovanardi e la ex Cirielli che hanno riempito le carceri. È paradossale che Nitto Palma, ex ministro della Giustizia del governo Berlusconi, oggi invochi amnistia ed indulto, quando sono proprio le leggi della destra ad avere causato il sovraffollamento.Il Colle ha invitato il Parlamento a prendere in considerazione anche le ipotesi di amnistia e indulto. Sia lei che Renzi avete più volte escluso tali ipotesi. Perché?Il presidente Napolitano ha invitato a prendere in esame la questione carceraria e la sentenza Torreggiani. Le tematiche oggetto del messaggio possono suddividersi sostanzialmente in tre: riduzione del numero dei detenuti attraverso provvedimenti di carattere strutturale, aumento della capienza degli istituti di pena, ricorso a provvedimenti di clemenza. Noi riteniamo di seguire l’approccio riformatore attraverso l’introduzione della probation (la messa alla prova, <+CORSIVOA>ndr<+TONDOA>), la riforma della custodia cautelare, l’attenuazione degli aspetti della recidiva, l’introduzione di pene detentive non carcerarie, la depenalizzazione di alcuni reati di minore allarme sociale e la modifica della Fini-Giovanardi con l’introduzione della fattispecie autonoma del piccolo spaccio e la distinzione tra droghe.Nel Pd c’è, invece, chi propende per amnistia e indulto. Riuscirete a fare sintesi?Ci sono diverse sensibilità che vanno tenute in considerazione. Tuttavia, l’avere scelto la via delle riforme piuttosto che quella dei provvedimenti di clemenza va nella direzione di una soluzione definitiva ai problemi. L’indulto, l’abbiamo già sperimentato nel 2006, alleggerisce solo temporaneamente il sovraffollamento. Noi vogliamo risolvere il problema definitivamente e ci prendiamo la responsabilità di farlo davvero.La freddezza verso tali misure di carattere generale è dettata dalla loro possibile impopolarità?No. Ci siamo prima di tutto interrogati sul messaggio di impunità che deriverebbe da provvedimenti di clemenza in un Paese in cui la certezza della pena è già un obiettivo difficilmente raggiungibile. Ci siamo poi chiesti cosa farebbero e come potrebbero reinserirsi nella vita sociale i detenuti in un momento in cui non c’è lavoro e ci siamo domandati che fine farebbero tutti coloro che non hanno fissa dimora senza un luogo dove dormire, in mancanza di strutture in grado di ospitarli.È in discussione il ddl sulla messa alla prova e ci sono gli interventi auspicabili su pene alternative e riforma della custodia cautelare. C’è poi chi spinge per modificare Bossi-Fini e Fini-Giovanardi. Quali le priorità e la tempistica?Il ddl sulla messa alla prova, in cui sono inserite l’abrogazione del reato di clandestinità e la depenalizzazione di altri reati, sarà approvato al Senato la prossima settimana per tornare velocemente alla Camera, la riforma della custodia cautelare vorremmo inserirla nel dl carcere in cui vi sono altre misure importanti. Entro fine marzo saremo in grado di presentare una serie di provvedimenti risolutivi per il sovraffollamento.
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