giovedì 25 aprile 2013
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«Questo è il momento, questa è l’occasione, questo è l’uomo giusto. Ora possiamo costruire, tutti insieme, un new deal italiano». Il leader della Cisl Raffaele Bonanni chiede ai partiti, «ma anche alle forze sociali», il massimo sforzo di coesione per far ripartire la crescita dell’occupazione in Italia.La scelta di Enrico Letta per la guida del governo vi convince?Sono molto soddisfatto. Letta è giovane ma ha una grande esperienza, come parlamentare e anche di governo. Personalmente ho avuto modo di apprezzarlo durante l’esperienza dell’esecutivo Prodi e ne ho verificato la responsabilità nell’affrontare i problemi sociali e la lealtà nei confronti dei sindacati.Da subito la Cisl ha invitato Pd, Pdl e Scelta civica a superare le contrapposizioni e formare un governo. Ma è un’alleanza che può durare?La collaborazione deve reggere. Poi quanto durerà effettivamente l’esperienza dipenderà principalmente dalla qualità dell’azione di governo. Sbaglia, però, chi oggi pensa di partire mettendo già un termine al prossimo esecutivo. La politica non è un’attività super-agonistica dove conta solo chi vince: serve uno sforzo di condivisione per il bene comune del Paese. E le forze politiche saranno tanto più credibili alle prossime elezioni quanto più avranno partecipato a questo sforzo condiviso. D’altro canto vorrei che riflettessero: per i partiti non esiste alcun costo da pagare nel partecipare a un governo condiviso che possa minimamente eguagliare il costo enorme dell’inerzia che stanno pagando i cittadini.L’emergenza da affrontare è quella dell’occupazione. Cosa chiedete a Letta, come si può ripartire?Serve un taglio netto della pressione fiscale. Occorre diminuire le imposte per i lavoratori, le famiglie e le imprese che investono. Solo così possono ripartire i consumi, la produzione e l’occupazione. Allo stesso tempo occorre rafforzare la lotta all’evasione, con nuove norme di carattere penale per gli evasori.Diminuire le imposte potrebbe non bastare. Con una crescita economica limitata all’1%, ha avvertito l’Istat, la disoccupazione non verrà riassorbita......e infatti servono anche investimenti, un piano straordinario... serve un new deal italiano. Un nuovo accordo che rilanci lo sviluppo grazie a una cooperazione forte e convinta non solo delle principali forze politiche, ma di tutti i soggetti sociali: i sindacati, l’associazionismo, gli enti locali. Occorre attivare la spesa pubblica eliminando gli sprechi e indirizzando gli investimenti. E serve coraggio. Il Paese non può essere sempre bloccato da chi sa dire solo "no" per gli interessi di un territorio ristretto o semplicemente perché ha timore del nuovo. Se l’azione di governo viene condivisa da un largo spettro di forze politiche e sociali è possibile superare anche i veti particolaristici che frenano le potenzialità del nostro Paese.Occorre anche rimettere mano alle norme sul mercato del lavoro?Per carità, non perdiamo altro tempo. Le norme sul mercato del lavoro possono agevolare l’incontro tra domanda e offerta, ma non creano di per sé occupazione. E noi oggi abbiamo come priorità quello di far nascere occasioni di lavoro.C’è un ruolo però che possono svolgere proprio le parti sociali, attraverso la contrattazione...Sì e noi stiamo innovando parecchio in materia. Oggi abbiamo firmato l’accordo applicativo sulla produttività. Martedì dovremmo stringere anche l’intesa sulla rappresentanza sindacale, un altro passo avanti che può aiutare la contrattazione. Il rilancio dell’azione unitaria tra Cgil, Cisl e Uil può fare da sponda e dare slancio all’azione riformatrice della politica.Nel programma di governo dovrà esserci spazio anche per il reddito minimo garantito?Gli ammortizzatori sociali che abbiamo hanno dimostrato di funzionare e vanno conservati. È importante che il sistema resti di natura contributiva (riservato cioè a chi ha versato contributi, ndr) e sia legato all’impresa. Perché così si evita che il lavoratore si senta scaricato e le aziende disperdano professionalità. Solo la cassa integrazione in deroga è riservata a lavoratori (e imprese) che non hanno versato contributi per finanziarla. Già per questa platea di persone si fatica a trovare i fondi, è imbarazzante che chi propone il reddito minimo garantito, sganciato dal versamento dei contributi, non si ponga il problema di come finanziare il sistema.
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