mercoledì 27 febbraio 2013
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​Accusa i partiti maggiori di avere difeso l’ancien regime impedendo il rinnovamento della politica e delle istituzioni, alimentando così le ragioni della protesta. Richiama tutte le forze politiche oggi in Parlamento «ad assumersi le proprie responsabilità» perché la situazione è grave e abbiamo bisogno di un governo «per rassicurare l’Europa e i mercati e per ricostruire il Paese dalle fondamenta, mettendo da parte la demagogia». Infine invita la associazioni di ispirazione cattolica a riprendere un’iniziativa comune lavorando «non per un nuovo partito dei cattolici ma per un rinnovato impegno dei cattolici in politica». Chiamato a commentare la nuova situazione e i rischi dell’instabilità per il Paese e la sua economia, il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni si toglie qualche "sassolino" dalla scarpa. «Questo esito non mi ha stupito. Già a fine 2011 quando i partiti maggiori si rifiutarono di entrare nel governo tecnico, avvertii che avrebbero pagato il prezzo di quella scelta di opportunismo e cinismo. Chi deve provvedere al Paese non può non prendersene le responsabilità».È per questo che è arrivato il boom di Grillo?Certo, c’è anche la crisi ma i partiti hanno molte responsabilità. Ad esempio nel tentativo riuscito fino in fondo di impedire di cambiare l’architettura politica e istituzionale del Paese, che è il loro pascolo. Volevano mantenere tutto come prima. Si sono rifiutati di dare anche un piccolo segnale come l’accorpamento delle province. Penso anche alla decisione di interrompere la legislatura due mesi in anticipo per bruciare il terreno a nuove iniziative politiche, e senza cambiare la legge elettorale, che è un vero strumento di corruzione. Scelte sulle quali le principali forze politiche erano meno divise di quanto è sembrato. L’idea era di tagliare le gambe a tutti i nuovi soggetti. Ma i cittadini non sono stupidi. L’acqua trova sempre il suo cammino e il terremoto di questi giorni è la logica conseguenza di questi passi fatti per frenare il rinnovamento. Al voto gli italiani hanno parlato chiaro, segnalando una voglia di cambiamento, concretezza e di moralità nella istituzioni.In un paio di giorni lo spread è risalito di un centinaio di punti e la Borsa è crollata. Cosa rischia l’Italia da una possibile paralisi politica?La situazione era già molto grave e si complica ancora. Con il debito pubblico che abbiamo dobbiamo rassicurare i nostri creditori e i nostri partner. Il governo va fatto assolutamente. Per ora vedo che i giochetti continuano, forse i fumi della campagna elettorale non si sono ancora diradati. Ma con i problemi che stanno di fronte al Paese tutte le forze politiche, compreso il Movimento 5 Stelle, devono assumersi le proprie responsabilità. Ci vuole una larga intesa. Vedano loro come, ma non si facciano discorsi di incompatibilità politica i questo frangente.Non mi sembra che lei pensi a un piccolo cabotaggio. Quali sono le priorità di un nuovo governo? Bisogna incanalare la protesta in un cammino di rinnovamento. Non ci sarà nessuna crescita dell’economia se non si riducono le tasse sui lavoratori e se non si interviene su quei fattori che possono favorire gli investimenti e l’occupazione. Ho sentito Bersani dire oggi che bisogna impegnarsi anche per la riforma delle istituzioni. Alla buon ora. Il sistema istituzionale è stato l’abbeveratoio delle classe politica e va cambiato. Passa di lì la possibilità di ridurre la pressione fiscale tagliando le spese ingiustificate, portare più moralità nelle istituzioni e migliorare il livello dei servizi. È l’unica strada per attrarre investimenti e lavoro. In questa nuova situazione c’è un ruolo per i cattolici impegnati nel sociale?Oggi più che mai va rilanciata la nostra iniziativa. La protesta di oggi nasce dal fatto che la classe dirigente ha tagliato i ponti con le realtà civiche e i cittadini si sono ridotti a telespettatori ed elettori. Per questo penso che ci si debba impegnare non per creare d’improvviso un nuovo partito, che finirebbe per diventare come gli altri, ma in un lavoro per mobilitare le persone all’impegno civico, sociale e partecipativo. Un lavoro pre-politico per uscire dal meccanismo della delega e del mugugno e per migliorare la democrazia e la politica, che viva della nostra tradizione della responsabilità.
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