mercoledì 6 febbraio 2013
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​Nel mirino del boom del cemento soprattutto i centri commerciali e lo <+corsivo>sprawl urbano<+tondo>, «l’urbanizzazione diffusa, a bassa densità, attorno alle città, che si porta dietro nuove infrastrutture e nuovi servizi». Questa l’analisi dell’Ispra, spiegata dal coordinatore della ricerca sul "consumo del suolo", l’ingegner Michele Munafò.Perché concentrate su questi fenomeni la vostra attenzione?Per quanto riguarda i grandi centri commerciali, il loro impatto è evidente. Per lo sprawl urbano il problema riguarda soprattutto la localizzazione oltre le periferie, in piena campagna, con evidenti necessità di mobilità, e quindi di strade, e di nuove strutture e servizi.Ma la denatalità non incide?No. La struttura della società è diversa, i nuclei familiari sono ridotti ma resta la necessità di nuove costruzioni. Come intervenire?Il primo passo è la riduzione del tasso di consumo del suolo. Non possiamo certo pensare di smettere di costruire ma sicuramente la trasformazione ulteriore di suolo agricolo o naturale. Qui bisogna porre dei limiti concentrandosi, invece, dove il suolo è già stato urbanizzato, anche attraverso incentivi. Si deve rendere conveniente costruire su terreni "non liberi", sulle aree dismesse. In particolare quello dello sviluppo industriale del secolo scorso, in gran parte inutilizzate e abbandonate.Nuove case o ristrutturazioni?Quello delle ristrutturazioni del patrimonio edilizio è un’altra strada da percorrere. E può essere un importante volano per l’edilizia che non può vivere solo di nuove case.L’eccessivo consumo di suolo che conseguenza sta provocando?A parte un evidente abbassamento della qualità della vita, il danno più grave, con impatti consistenti, riguarda il dissesto idrogeologico, accentuato dall’impermeabilizzazione del suolo. Ma poi abbiamo perdita di ecosistemi, di biodiversità, altrettanto gravi ma difficilmente calcolabili. Mentre sappiamo benissimo quanto incida sul clima. Basti pensare che ben il 20% dell’anidride carbonica viene catturata proprio dal suolo.Il consumo del suolo contribuisce, quindi, all’aumento della temperatura?Soprattutto sul clima urbano. Le città sono più calde delle campagne.Ma si può anche costruite meglio?Certo. Attraverso processi di mitigazione che riducono gli impatti negativi degli edifici, anche con tecniche costruttive ormai note e utilizzate.E rinaturalizzare ciò che è stato cementificato?È l’ultima possibilità. Ciò che è stato cementificato è di difficile recupero e ha costi molto alti. Ha poco senso, quindi, costruire da una parte e rinaturalizzare dall’altra. Meglio costruire meno e meglio. Soprattutto nelle aree già molto compromesse come la pianura Padana, le aree vicino alle grandi città e le coste, in particolare al Sud e lungo l’Adriatico.
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