mercoledì 21 luglio 2010
I finiani la spuntano sul «bavaglio» alla stampa: al gip decidere quali verbali «rilevanti» siano pubblicabili. Disco verde dopo la presentazione di un nuovo emendamento del ministero della Giustizia. Bersani e Casini: «Un mezzo passo avanti, ma serve tempo per ulteriori miglioramenti».
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Estenuato da mesi e mesi di guerriglia in Parlamento e fuori, il governo si arrende su uno dei punti caratterizzanti della legge sulle intercettazioni: nel ddl, in pratica, scompare il bavaglio alla stampa. Secondo un nuovo emendamento, depositato ieri dal sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, i verbali degli ascolti non saranno più segreti (e dunque saranno pubblicabili sui giornali senza rischiare sanzioni penali e pecuniarie) una volta che il gip, in una cosiddetta udienza filtro, ne avrà valutato la rilevanza ai fini delle indagini.La bandiera bianca è arrivata dopo un lungo braccio di ferro tra il ministro Alfano e la presidente, finiana di ferro, della Commissione Giustizia di Montecitorio, Giulia Bongiorno. Che - anche per conto del presidente della Camera - ha dato sostanzialmente disco verde all’ultima versione del testo: «Credo che sia innegabile – ha dichiarato – il fatto che questo emendamento presentato dal governo vada incontro alle istanze che vengono dal mondo dell’informazione; istanze che anche io ho condiviso. La proposta di modifica va in una direzione che di fatto non è solo un passo, ma un balzo in avanti». Il testo, rispetto a quello licenziato tra mille polemiche dal Senato, risulta ora profondamente modificato da tre interventi in sequenza: gli emendamenti del Pdl, i cinque della Bongiorno e, infine, l’ultimo del governo. A convincere il governo a capitolare sul bavaglio, oltre all’ostilità dei finiani, anche le forti perplessità espresse da Napolitano e la fondata possibilità di un bocciatura da parte della Corte Costituzionale di quella parte di testo che poteva confliggere con il diritto all’espressione e alla libertà di informazione. I berlusconiani, usciti un po’ ammaccati dalla vicenda, chiedono però ai finiani in festa almeno la contropartita di chiudere la partita, per quanto riguarda la Camera, prima della pausa estiva. Dice il capogruppo Fabrizio Cicchitto: «Il governo, attraverso il ministro Alfano, ha lavorato per raggiungere il triplice risultato di garantire la privacy, la libertà di stampa e il maggior grado possibile di consenso politico. Ci auguriamo che ora la commissione lavori in modo da consentire all’aula di votare il provvedimento entro la prima settimana di agosto». E il presidente della Camera Gianfranco Fini si gode la sua vittoria, senza infierire troppo sui soccombenti: «Ha prevalso il buon senso. Il Parlamento, dopo tanti dubbi, ha trovato un punto d’intesa su tre principi: la tutela della privacy, la libertà di stampa, la possibilità per la magistratura e la polizia di indagare. C’è stato un momento – ha però aggiunto –  in cui quell’equilibrio non c’era e, anche se mi hanno dato del traditore, del comunista, era giusto fare nel Pdl quella battaglia che è stata fatta». Dalle opposizioni arrivano reazioni diversificate. Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini nota che il ddl «è migliorato, e riteniamo che sia anche un nostro successo». E poi aggiunge: «Penso che si possa approvare anche a settembre». Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, parla di «mezzo passo avanti» in un provvedimento «del tutto inaccettabile». Ma guarda anche alle durissime parole spese dal premier Berlusconi sul nuovo testo (vedi articolo qui sotto, ndr). E afferma: «Non discutiamo del nulla, prima vogliamo capire che cosa farà la maggioranza. Si mettano d’accordo poi commenteremo». No su tutta la linea dall’Idv: «Se prima era un veleno mortale – dice il capogruppo alla Camera Massimo Donadi – ora il ddl è una bevanda avvelenata. Rimane un testo pessimo che non deve essere approvato».
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