Il deposito delle telefonate del presidente del Consiglio, finite fra le ventimila pagine depositate dai pm agli atti del "processo Ruby", è un «atto rigorosamente dovuto» a garanzia della difesa ed è avvenuto per i soli legali del premier. Lo ha detto il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, provocando l’«assoluto stupore» dei legali del premier.«Il deposito delle telefonate in cui risulta come interlocutore Berlusconi – ha spiegato Bruti Liberati –, è avvenuto nel più rigoroso rispetto dei limiti della legge Boato e della normativa del codice di procedura penale relativa alle intercettazioni telefoniche, oltre che con l’adozione di tutte le cautele a tutela del segreto delle indagini». Alla vigilia della prima udienza il
Corriere della Sera aveva pubblicato il testo di conversazioni in cui Berlusconi parla con la consigliera regionale del Pdl Nicole Minetti, indagata nell’altro procedimento "gemello" per induzione e favoreggiamento della prostituzione, e con Marysthelle Polanco e Raissa Skorkina, due delle ragazze che avrebbero partecipato alle feste di Arcore. Secondo il quotidiano di via Solferino, le telefonate sarebbero invece finite nei faldoni per errore, dopo che molte altre erano state distrutte.Non si è fatta attendere la risposta dei legali dei premier, che hanno affidato a una nota le proprie rimostranze. La precisazione della procura, infatti, lascerebbe intendere che a passare le carte al "Corsera" siano stati proprio gli avvocati del premier. «Le intercettazioni – replicano invece i legali – erano in possesso non solo della difesa, ma principalmente della stessa procura della repubblica». Il tono si fa ancora più polemico quando sull’episodio viene invocata una indagine, «meglio sarebbe lo facesse altra procura», per verificare «chi ha consegnato ai giornali quelle intercettazioni. Certamente non la difesa del presidente Berlusconi». Ma il capo dei magistrati inquirenti ha aggiunto che «non è compito di questo ufficio esprimere valutazioni in ordine all’avvenuta pubblicazione sulla stampa di atti sui quali, a seguito del dovuto deposito alla difesa, è venuto meno il segreto dell’indagine».Le telefonate, peraltro, non sono state indicate tra le fonti di prova «e di esse – sostiene Bruti Liberati – non è stata richiesta alla Camera l’autorizzazione alla utilizzazione a carico dell’imputato». Al contrario, è più che probabile che quelle intercettazioni vengano utilizzate nell’altro processo, quello a carico di Minetti, del giornalista Emilio Fede e dell’impresario dello spettacolo Lele Mora.In quel caso si tratterebbe di conversazioni non a carico di Berlusconi (imputato nel procedimento separato, apertosi ieri), ma a carico di terzi. Per il premier, insomma, sarebbero rivelazioni innocue. Ma solo dal punto di vista della sua posizione processuale.