mercoledì 26 maggio 2010
Il governo intende tornare al testo sul quale l'anno scorso aveva chiesto e ottenuto la fiducia alla Camera. Il dibattito in Senato dovrebbe cominciare lunedì prossimo. Ma la tensione con le opposizioni resta alta.
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È ufficiale, il governo sulle intercettazioni intende tornare al testo sul quale l’anno scorso aveva chiesto e ottenuto la fiducia alla Camera. Lo ha comunicato ai giornalisti il ministro guardasigilli Angelino Alfano, dopo aver partecipato a un vertice di maggioranza in Senato, allargato ad alcuni membri del centrodestra della commissione Giustizia. Il dibattito in aula al Senato dovrebbe cominciare lunedì prossimo. La maggioranza avrebbe voluto farlo già da domani, ma in conferenza dei capigruppo le opposizioni si sono lamentate: troppo poco il tempo per presentare gli emendamenti. Dopo un braccio di ferro, il presidente Schifani ha provato a mediare, proponendo la data di lunedì. Ma Pd, Idv e Udc si sono detti ugualmente contrari. Il calendario sarà votato oggi in aula e si aspettano manifestazioni di protesta eclatanti da parte dei senatori dell’opposizione, che già ieri erano pronti a occupare l’emiciclo. E che hanno dovuto rimandare l’azione, solo perché ieri c’era da approvare un decreto in scadenza, quello sulla Grecia, considerato di fondamentale importanza da tutti. Per tornare al testo della Camera, che risultava ammorbidito rispetto a quello licenziato lunedì notte dalla commissione del Senato, governo e maggioranza pensano a una serie di emendamenti da approvare rapidamente in aula. O, se continuerà l’ostruzionismo delle opposizioni, a un maxi-emendamento del governo, sul quale mettere la fiducia. Nella sostanza, attraverso le modifiche del testo del Senato, verrebbe  ripristinata la possibilità per i giornalisti di dare notizia, sia pure per riassunto, degli atti giudiziari in corso;  verrebbe trasformata in una multa tollerabile la sanzione pecunaria altissima prevista a carico degli editori e  abolito il carcere per i giornalisti rei di aver pubblicato intercettazioni; esclusi tutti i giornalisti dal divieto di registrare all’insaputa dell’interlocutore (il cosiddetto "emendamento D’Addario"). Ancora non rese note le modifiche del secondo corno della questione, ovvero quella che riguarda le indagini, i tempi massimi consentiti per gli ascolti e la definizione di «gravi indizi di reato» o similari, necessari per attivare la richiesta di intercettazione. Ieri a Montecitorio il deputato-legale di Berlusconi Vittorio Ghedini si è recato a incontrare il presidente della Camera Fini, da sempre molto critico sulle novità introdotte al Senato. E gli ha prospettato il ritorno al testo originario, sul quale aveva lavorato una fedelissima finiana, la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno. Sembra che Fini si sia detto soddisfatto. Molto meno le opposizioni. Vannino Chiti (Pd) spiega: «Adesso si ipotizza una riduzione delle sanzioni per editori e giornalisti ma restano tutte le intollerabili limitazioni poste all’azione investigativa». E il leader dell’Idv Antonio Di Pietro ribadisce: «Le norme contenute nella proposta sono criminogene e inemendabili, perciò ci batteremo per un solo emendamento: l’abrogazione del provvedimento». Altrimenti «raccoglieremo le firme per il referendum».
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