sabato 27 aprile 2019
Crotone e Taranto sono le città con la più alta incidenza di casi, secondo l’analisi dei Consulenti del lavoro, diffusa in occasione della Giornata mondiale sulla sicurezza
(Ansa)

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La città dove si muore più spesso di lavoro è Crotone, mentre il capoluogo con la maggiore incidenza di tumori correlati all’attività lavorativa è Taranto. Va al Sud la maglia nera della sicurezza sul lavoro, secondo l’indagine dell’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro, effettuata sulla base dei dati Inail e diffusa alla vigilia della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza ne luoghi di lavoro, indetta per oggi dall’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro.

Nel biennio 2017-2018, il capoluogo calabrese ha fatto registrare un’incidenza di incidenti sul lavoro del 6,3 per mille, seguito da Isernia (5,9 per mille) e Campobasso (4,7 per mille). Nel solo 2018, invece, secondo il report dei Consulenti del lavoro, è Gorizia il capoluogo con il più alto tasso di malattie professionali tumorali (22,5%), seguito da Torino (18,5%), Novara e Milano (18,4%). Il triste primato dai lavoratori colpiti da tumore spetta, però, a Taranto, dove il 70% dei tumori denunciati è legato al settore metalmeccanico e, in particolare, all’utilizzo delle fibre d’amianto.

Fenomeno confermato anche dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona), secondo cui tra i lavoratori dello stabilimento ex-Ilva si registra il 500% di casi di cancro in più rispetto alla media della popolazione generale della città, non impiegata nel sito, da anni sotto la lente della magistratura per i danni provocati alla popolazione e all’ambiente. «Anche se l’attenzione delle imprese sul tema è cresciuta negli ultimi anni, la sicurezza sul lavoro resta una scommessa da vincere al Sud come al Nord», dichiarato il presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, ricordando che, nel 2018, oltre 641mila lavoratori hanno subito un infortunio e 1.133 sono morti, con un incremento del 10,1% rispetto all’anno precedente.

Secondo gli ultimi dati disponibili rilevati dall’Inail, nei primi due mesi dell’anno, le denunce d’infortunio sul lavoro sono state 100.290 (a fronte delle 96.121 del 2018 con un aumento del 4,33%), ben 121 quelle relative ai casi con esito mortale (a fronte delle 125 del 2018 con una variazione rispetto al 2019 impercettibile) e 9.937 quelle riguardanti le malattie professionali (rispetto alle 9.936 del 2018 con un aumento dello 0,01%).

Infine, per l’Osservatorio indipendente di Bologna, dall’inizio dell’anno i morti in occasione di lavoro sono stati 205, che diventano più di 400 se si contano anche le vittime in itinere, cioè lungo il tragitto casa-lavoro e viceversa.

«È una carneficina che chiama in causa la responsabilità di istituzioni ed imprese – scrive su Twitter la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan –. Il 1° maggio saremo in piazza anche per la tutela della salute e della sicurezza in tutto i luoghi di lavoro. Deve diventare una questione nazionale».

Unico settore in controtendenza, rispetto all’aumento generalizzato degli infortuni sul lavoro, è l’agricoltura, con una riduzione del 7% dei casi mortali e dell’1,8% degli incidenti complessivi. «I dati confermano il prezioso lavoro di ammodernamento delle imprese agricole fatto in questi anni per rendere il lavoro in agricoltura tecnologicamente più avanzato, ma anche più sicuro», si legge in una nota della Coldiretti. Molto resta ancora da fare, soprattutto sul versante della sicurezza dei mezzi agricoli, visto che, nel 2019, sono già 31 gli agricoltori morti schiacciati dal trattore.

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