L'ingresso del Pronto soccorso dell'Ospedale Molinette di Torino - ANSA
È del 50% l’aumento di richieste di soccorso pervenute al 118 nel dicembre appena trascorso, rispetto al mese precedente: la nuova circolazione del Covid-19 e, soprattutto, i casi di influenza con complicanze, sono alla base delle chiamate al numero di emergenza. Lo fa sapere il presidente della Società italiana sistema 118 (Sis 118), Mario Balzanelli. «Stiamo riscontrando – spiega – un aumento delle forme influenzali con forte impegno respiratorio».
Una crescita di richieste di soccorso, rileva Balzanelli, dovuta anche al fatto che «molti punti di guardia medica sul territorio sono chiusi per mancanza di personale. I cittadini dunque si rivolgono al 118 e questo sta determinando una situazione di intasamento allarmante», tanto che ritorna «il fenomeno delle “barellopoli”: le ambulanze arrivano cioè negli ospedali ma non possono lasciarvi i pazienti per mancanza di posto. I pazienti restano così sulle barelle nei mezzi di soccorso fuori dagli ospedali per ore e questo porta di fatto ad un blocco dell’attività del 118». Le ambulanze si trasformano cioè in «posti letto temporanei – afferma il presidente della Sis –, cosa che, in pratica, accade in tutte le regioni». A ciò si è aggiunto anche «un aumento delle richieste di soccorso, rispetto al 2022, per lesioni da petardi e proiettili vaganti», a ridosso del Capodanno, «con un aumento dei feriti e delle ospedalizzazioni». Per Balzanelli sarebbe opportuno, laddove possibile, «riaprire o potenziare le strutture intermedie dei punti di primo intervento del 118, che eviterebbero l’“assalto” alle ambulanze».
Come se non bastasse, la situazione dei Pronto soccorso, con l’eccezionale «afflusso di pazienti, si è trasformata in una vera e propria polveriera», dice il sindacato degli infermieri Nursing Up, che denuncia le aggressioni nei confronti di infermieri e operatori sanitari. Sei quelle ufficialmente registrate durante le feste di fine anno: due a Napoli, e poi a Bari, Livorno, Cassino e Vicenza. È «una escalation di violenze senza fine, che vede gli infermieri italiani trasformarsi ancora una volta nelle vittime sacrificali della inspiegabile rabbia di una parte della collettività in profonda crisi», osserva il presidente nazionale del sindacato, Antonio De Palma. «Calci, pugni, schiaffi, minacce – aggiunge –: scenari che facciamo sempre fatica a descrivere, tale è lo sdegno, quanto l'assurdità di quello che accade ogni giorno e che si è drammaticamente ripetuto, negli ultimi giorni, nelle corsie dei nostri ospedali e chissà quanti sono gli episodi di violenza che finiscono nel sommerso». Secondo Nursing Up, le aggressioni (fisiche o verbali) sul posto di lavoro colpiscono in media in un anno un terzo degli infermieri - circa 130mila casi -, con un sommerso non denunciato all’Inail di circa 125mila casi l’anno». E «il 75% delle aggressioni riguarda donne».