giovedì 23 novembre 2017
Tra i destinatari dell'informazione di garanzia c'è anche l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo. Ipotizzati i reati di omicidio, lesioni plurime colpose, falso e abuso edilizio
Un soccorritore sul luogo della tragedia in cui morirono 29 persone

Un soccorritore sul luogo della tragedia in cui morirono 29 persone

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Il secondo filone d’indagine sulla tragedia di Rigopiano porta una svolta nell’inchiesta: la Procura della Repubblica di Pescara ha notificato 23 avvisi di garanzia per la nota vicenda dell’hotel travolto da una valanga il 18 gennaio scorso che ha provocato la morte di 29 persone. Tra i destinatari dell’informazione di garanzia c’è anche Francesco Provolo, al momento della tragedia prefetto di Pescara: si tratta di un colpo di scena, in quanto il suo nome non compariva tra gli indagati iniziali. Ciò dimostra la celerità con cui il nuovo Procuratore Massimiliano Serpi ha affrontato il caso insieme al sostituto Andrea Papalia, ipotizzando per tutte le persone reati che vanno dall’omicidio e lesioni plurime per tutta la catena dei soccorsi sino ai reati di falso e abuso edilizio. Provolo, per il quale la Procura ha disposto l’interrogatorio per il prossimo 12 dicembre, risulta indagato insieme ad altri due funzionari della prefettura perché 'solo alle ore 18.28 del 18 gennaio' si attivava 'nel chiedere l’intervento di personale e attrezzature dell’Esercito Italiano per lo sgombero della neve nei paesi montani della provincia di Pescara' e altre turbine alla Regione Abruzzo. La valanga che ha travolto il resort di è arrivata poco prima delle 17,00, ma questo ritardo nell’attivare i soccorsi ha fatto si che fossero determinate 'le condizioni per cui la strada provinciale dell’hotel fosse impercorribile per ingombro neve, di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti in detto albergo di allontanarsi, tanto più allarmati dalle scosse di terremoto della giornata'. Sono finiti nel registro degli indagati anche cinque dirigenti ed ex dirigenti della regione Abruzzo, per aver omesso la realizzazione della Carta per il pericolo delle valanghe. I nominativi di Antonio Di Marco, presidente della Provincia di Pescara, e Ilario Lacchetta, sindaco di Farindola erano già inclusi nel primo filone d’inchiesta, mentre gli altri indagati attengono alla sfera pubblica e si concentrano sulla fase d’indagine relativa al permesso rilasciato nel 2016 per la ristrutturazione del complesso alberghiero quando l’area era soggetta a vincolo idrogeologico. Secondo l’accusa, la mancata adozione del nuovo Piano regolatore generale del Comune di Farindola avrebbe impedito l’edificazione del nuovo hotel; in tal senso si spiega l’avviso di garanzia inoltrato anche a tecnici esterni e comunali facenti parte dell’amministrazione locale. Secondo le prime informazioni riportate nell’avviso di garanzia, la morte delle 29 persone fu causata da asfissia, ostruzione vie respiratorie e compressioni del torace, violenti traumi contusivi e da schiacciamento a seguito del crollo della struttura, il cosìddetto crash syndrome, con emorragie provocate dal trauma, asfissie da valanga e in presenza di basse temperature. Ora gli indagati potranno conoscere nel dettaglio tutti gli atti di indagine per potersi meglio difendere e produrre altra documentazione a discolpa, chiedendo di essere interrogati dai pm. Alla fine di questa fase la Procura, prima di chiudere l’inchiesta, valuterà quali delle accuse rimarranno in piedi e quali invece saranno state fugate.

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