lunedì 19 luglio 2021
L'ex premier a Palazzo Chigi: da noi atteggiamento costruttivo ma no all'impunità. Il premier apre a correzioni in aula condivise da tutta la maggioranza e nel rispetto dei tempi fissati con l'Ue
Draghi-Conte, prove di disgelo: su giustizia modifiche circoscritte

Ansa

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Un primo round di studio, per prendersi le misure. Già, perché Mario Draghi e Giuseppe Conte, spesso uno a fianco all'altro nelle cronache politiche, di contatti diretti e faccia a faccia ne hanno avuti davvero pochi. Il più lungo e significativo, il passaggio di consegne a febbraio a Palazzo Chigi. Da quel momento, silenzi da parte del premier in carica - che ha invece mantenuto un contatto diretto con Beppe Grillo - e frecciate dal presidente in pectore di M5s. Ora che la disputa interna al Movimento cinque stelle si è risolta con una tregua sulla diarchia garante-presidente, i due possono vedersi nelle cornice formale dei colloqui ordinari tra presidente del Consiglio e capipartito.

D'altra parte il momento è cruciale tra la scelta da compiere sul Green pass e, soprattutto, le riforme da varare entro fine luglio per rispettare il cronoprogramma del Pnrr. Al centro del ring, soprattutto, la giustizia e gli emendamenti-Cartabia al processo penale, con il ridimensionamento della riforma della prescrizione dell'ex ministro 5s Alfonso Bonafede. Un tema-bandiera per i pentastellati, che Conte vuole cavalcare per dare un tono propositivo alla sua leadership e riportare il Movimento nel cuore delle scelte del governo e del Parlamento.

L'ex premier è giunto a Palazzo Chigi alle 11.10, l'incontro si è concluso poco prima delle 12. Un colloquio da 50 minuti, dunque. Palazzo Chigi se la cava con una nota asciutta, limitandosi a riferire i temi del colloquio: l’evoluzione della situazione epidemiologica, a transizione ecologica e la riforma della Giustizia.

"Un incontro proficuo, molto cordiale, ci siamo confrontati su vari temi - spiega Conte ai cronisti all'uscita da Palazzo Chigi -. Ho ribadito e anticipato il pieno sostegno di M5s per il completamento del piano vaccinale e per la gestione sanitaria, non possiamo abbassare la guardia".

Ma altri sono i temi caldi. La giustizia, appunto: "Ho assicurato un contributo costruttivo da parte di M5s ribadendo però che per noi non ci devono essere soglie di impunità, su questo saremo vigili, i processi non devono svanire nel nulla. Non abbiamo parlato di fiducia ma di interventi che possono migliorare il testo, interventi non ideologici ma tecnicamente sostenibili. Al governo stanno a cuore i tempi rapidi, ovviamente però ci sarà un percorso parlamentare che è giusto si sviluppi liberamente".

Altro nodo, il lavoro del ministro alla Transizione ecologica Cingolani e l'impatto del decreto semplificazioni su alcune misure di tutela ambientale: "Su questo tema avremo una voce da protagonisti. Il ministro Cingolani sta lavorano molto, ha la nostra fiducia ma è il momento di passare dagli slogan ai fatti".

Insomma non tutti i nodi sono risolti, anzi. Ma una luce si vede, e passa per una strategia simile a quella perseguita sui licenziamenti: il premier aveva fissato la linea ma poi si è affidato al Parlamento e alla maggioranza per correzioni di dettaglio, fermo restando l'impalcatura generale e il rispetto dei tempi. Draghi quindi non ha chiuso a subemendamenti al testo-Cartabia, ma ha chiesto che siano condivisi da tutta la maggioranza e che non segnino un passo indietro rispetto all'obiettivo ribadito di nuovo stamattina dalla ministra della Giustizia, ovvero rapidità ed efficienza. "La riforma è stata approvata da tutto il governo dopo lunghe e pazienti trattative - ricorda la ministra Cartabia -. Tutti hanno dato un contributo e tutti hanno rinunciato a qualcosa". Un avvertimento, quello della titolare della Giustizia: se in Parlamento si gioca troppo con ulteriori modifiche, potrebbe saltare l'intero pacchetto e potrebbe andare in fibrillazione l'intero esecutivo.

Per quanto riguarda invece la sua eventuale corsa per un seggio in Parlamento (in autunno sono previste delle suppletive), Conte ha confermato di non essere al momento tentato dall'ingresso alla Camera.

L’incontro tra Draghi e Conte è stato convocato, appunto, alla vigilia della scadenza dei termini per i subemendamenti al disegno di legge sul processo penale: quella riforma Cartabia indigesta a buona parte dei Cinque stelle, su cui però il premier non sembra intenzionato a fare significativi passi indietro.

Le dichiarazioni battagliere di sabato con le quali Conte ha lanciato il nuovo Statuto grillino fanno prevedere scintille in Parlamento ma l’avvocato del popolo in queste ore deve fare i conti non solo con gli "ortodossi", ma anche con l’ala governista che non vuole lo scontro sulla riforma Cartabia. Le acque sono agitate a tal punto che dentro il Movimento in molti si interrogano già sul dopo e cioè cosa accadrebbe se il governo decidesse alla fine di mettere la fiducia sul provvedimento. La precisazione di Conte, "non abbiamo parlato della fiducia", indica la volontà dell'ex premier di non arrivare al "dentro o fuori" in Parlamento.

Sabato Conte nella sua diretta Facebook da presidente in pectore di M5s ha citato solo due provvedimenti da "difendere": la riforma della Giustizia e il Reddito di cittadinanza. Non si esclude che la nuova leadership di Conte "usi" la giustizia per tenere il pallino soprattutto il Reddito di cittadinanza, misura più semplice da riformare senza però perderne la dotazione economica e il senso di fondo.

Una mano a Conte è stata data da Enrico Letta che ha aperto alla possibilità di aggiustamenti al testo Cartabia, auspicando intese e mediazioni tra il premier Draghi e il suo predecessore e, a cascata, in Parlamento. Un’apertura politica, perché il segretario dem è e resta favorevole al testo Cartabia ma allo stesso tempo continua a puntare forte sulla leadership dell’ex premier, importante anche in vista delle amministrative che si avvicinano. Un intervento, quello di Letta, che però non è piaciuto al capo della Lega Matteo Salvini: "Del pacchetto-giustizia non si cambia una virgola, Pd e M5s mettono a rischio i 200 miliardi del Pnrr". Anche Italia viva attacca Letta per la mano tesa a Conte: ormai - dicono i renziani - il Pd fa quello che dice M5s, su Zan non si può mediare e sulla giustizia, riforma cruciale per il Pnrr, invece riaprono il negoziato.

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