venerdì 13 maggio 2016
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Lettera al Colle dei sindaci di tutti i partiti: noi tassello della democrazia ROMA «Chiediamo al presidente della Repubblica, al Parlamento, al governo, alla magi-stratura, alle istituzioni con cui lavoriamo, di considerare che la reputazione dei sindaci, la loro capacità di governare i nostri comuni, il rispetto per questo ruolo, sono un bene prezioso, che va salvaguardato nell’interesse del buon funzionamento della democrazia». È un passaggio della lettera aperta con cui un gruppo di sindaci, di centrosinistra e di centrodestra, richiama l’attenzione delle istituzioni sulle attuali difficoltà nel rivestire il proprio ruolo: «In questi giorni, vicende del tutto diverse e senza alcuna connessione tra loro hanno interessato alcuni sindaci del nostro Paese – si legge –. Pensiamo sia utile una riflessione». La lettera adopera toni pacati, ma fra le righe trapela la profonda preoccupazione di dover amministrare stretti fra l’incudine e il martello, fra il rischio di conseguenze penali dovute all’azione amministrativa e le minacce di ambienti criminali scontenti dell’azione di difesa della legalità. L’elenco degli aderenti è trasversale e comprende i sindaci Enzo Bianco (Catania), Maria Rita Rossa (Alessandria), Antonio Decaro (Bari), Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria), Guido Castelli (Ascoli Piceno), Umberto Di Primio (Chieti), Daniele Manca (Imola), Paolo Perrone (Lecce), Roberto Scanagatti (Monza), Bruno Valentini (Siena) e Flavio Tosi ( Verona). E l’elenco di firme potrebbe allungarsi. Nel documento si riportano alcune situazioni emblematiche: dal sindaco di Licata, che ha subito l’incendio della propria abitazione per le azioni anti-abusivismo edilizio, alle denunce e proteste contro quello di Agrigento per la medesima ragione. Quotidianamente, si legge nell’appello, sindaci non solo del Sud ricevono minacce, aggressioni, intimidazioni nello svolgimento delle proprie funzioni «per affermare prima di tutto il rispetto delle regole». Non mancano accenni a casi attuali: da Simone Uggetti, il sindaco piddino di Lodi, «arrestato e tuttora in carcere» perché «indagato per turbativa d’asta per una vicenda relativa alla gestione di una piscina affidata a una società partecipata dal comune»; a Filippo Nogarin, sindaco M5S di Livorno «che ha ricevuto un avviso di garanzia per una vicenda amministrativa dell’azienda per i rifiuti della sua città, guadagnando prime pagine di giornali per una indagine appena avviata». I firmatari della lettera non entrano nel merito delle inchieste, per «rispetto convinto della magistratura, che deve fare il suo corso rapidamente per accertare la verità dei fatti». Di fronte a comportamenti penalmente rilevanti e a decisioni della magistratura nelle sedi proprie, argomentano i sindaci firmatari, è doveroso che si punisca chi ha usato il suo mandato per interessi personali. Ma troppe volte, lamentano, vicende giudiziarie che riguardano comuni italiani diventano oggetto di scontro politico, indipendentemente e ben al di là dell’oggetto dell’indagine, mentre «ammini-strare le nostre città è diventato un compito davvero gravoso». Insomma, non è solo una questione di 'calo d’immagine': «Queste e altre vicende e il clamore conseguente rischiano di intaccare o peggio di togliere quella forza che ci spinge ogni giorno – concludono i primi cittadini –, che è il valore straordinario del nostro impegno politico di essere sindaci, istituzione vitale della nostra democrazia ». Vincenzo R. Spagnolo © RIPRODUZIONE RISERVATA
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