mercoledì 29 settembre 2010
Dodici le persone finite in carcere o ai domiciliari, fra cui il primo cittadino di Riomaggiore, mentre una dozzina sono quelle indagate a piede libero.
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Tempesta giudiziaria e arresti eccellenti nell’estremo Levante ligure. Nelle Cinque Terre, una delle più belle zone costiere d’Italia, una maxi inchiesta sui fondi post alluvione 2009 ha fatto finire otto persone in carcere e quattro agli arresti domiciliari, mentre tre sono gli interdetti dall’attività e una dozzina di indagati a piede libero. Insomma un ciclone giudiziario in cui suscitano particolare scalpore due arresti: quello di Gianluca Pasini, sindaco di Riomaggiore, e di Franco Bonanini, presidente del Parco delle Cinque Terre (territorio inserito tra i patrimoni dell’umanità dell’Unesco), personaggio importante e stimato in zona che, lo scorso anno, fallì per un soffio l’elezione al Parlamento di Bruxelles nelle file del Pd. Il blitz della Squadra Mobile spezzina è scattato all’alba di ieri, provocando grande clamore e incredulità nei tranquilli paesi rivieraschi. Sono undici, e pesanti, le accuse mosse agli indagati e raccolte in un faldone di 900 pagine, frutto di 8 mesi di indagini. La più importante è truffa aggravata ai danni dello Stato da un milione di euro, cui seguono falso ideologico e materiale, corruzione, tentata concussione, violenza privata, calunnia, associazione a delinquere, abuso di ufficio, favoreggiamento, abuso edilizio, omissione di denuncia. Nell’elenco degli arrestati ci sono anche il capo dell’Ufficio tecnico di Riomaggiore, Graziano Tarabugi ed il comandante della Polizia Municipale, Aldo Campi. A rendere noti nomi e addebiti è stato, ieri pomeriggio a La Spezia, il procuratore Maurizio Caporuscio in un incontro con la stampa cui hanno presenziato il questore Gaetano D’Amato ed il capo della  Mobile, Girolamo Ascione. Il magistrato ha però usato massimo riserbo sulle vicende che hanno determinato gli arresti. «Il materiale probatorio sino ad oggi acquisito – ha detto – è ingente ed è costituito non solo dalle conversazioni, che sono state intercettate ed i cui contenuti appaiono sconcertanti per la chiarezza delle espressioni utilizzate, ma anche e soprattutto da documenti, indagini bancarie, consulenze tecniche, sommarie informazioni testimoniali e servizi di osservazioni e pedinamento». Nel mirino degli investigatori sarebbero finiti – dopo segnalazioni e denunce anche anonime – i finanziamenti del dopo alluvione 2009, nonché la gestione che, nelle carte dell’indagine, viene definita «feudataria del Comune e del Parco», mentre dalle pagine dell’inchiesta esce anche la clamorosa indiscrezione di una telefonata tra Bonamini ed il capo Ufficio Tecnico di Riomaggiore, dove quest’ultimo si lamenterebbe dei controlli e della pressione «degli inquirenti». L’altro avrebbe risposto che avrebbe telefonato al ministro Brunetta, assolutamente estraneo alla vicenda ma pare in buoni rapporti con Bonamini, per invitarlo a far scattare un’ispezione. Intanto Marco Valerio Corini e Roberto Giromini, gli avvocati di Bonamini, trasferito presso il centro clinico Don Bosco del carcere di Pisa, ne hanno chiesto l’immediata scarcerazione per motivi di salute. «Sembra di vivere una di quelle scene da film di fantascienza - ha detto Edy Bonanini, figlio del presidente del Parco - un brutto sogno ad occhi aperti. Anche gli avvocati non capiscono le motivazioni di questa operazione, né il perché di uno show mediatico così colossale. Sono preoccupato per la salute di mio padre, che ha subito un trapianto di fegato un anno fa».
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