mercoledì 15 giugno 2016
​Il sottosegretario Nannicini: ecco il prestito per chi lascia il lavoro prima. Nessuna penalità sull'assegno per i primi anni.
In pensione in anticipo ma con 20 anni di rate
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Il primo incontro su pensioni e lavoro, qualche settimana fa, era servito a svelenire il clima teso che ha caratterizzato per due anni i rapporti tra Cgil, Cisl e Uil e il governo di Matteo Renzi. Ieri c’è stato il secondo round, nel quale l’esecutivo è entrato nel merito e ha illustrato la sua proposta sulla previdenza, che resta distante dalle richieste sindacali, ma con qualche elemento di novità. Come già emerso, non si tratta di una riforma della legge Fornero quanto piuttosto di un meccanismo finanziario che consentirà al lavoratore di ottenere una rendita pari alla futura pensione netta per gli anni mancanti al pensionamento (oggi fissato a 66 anni e 7 mesi), anticipo che poi dovrà restituire a rate una volta ottenuto l’assegno previdenziale. Si tratta dell’Ape, l’acronimo che sta appunto per Anticipo Pensionistico. Nel corso dell’incontro, al quale era presente anche il ministro del Welfare Giuliano Poletti, a parlare è stato soprattutto il sottosegretario Tommaso Nannicini, capo della cabina di regia economica a Palazzo Chigi. L’economista ha con- fermato l’intenzione di consentire l’uscita anticipata fino a tre anni a partire dal prossimo gennaio: si tratta di un piano sperimentale della durata di tre anni, da rendere poi strutturale una volta verificata la sostenibilità finanziaria. Si comincerà dai nati negli anni 1951-1953 (quelli che compiranno dai 64 ai 66 anni nel corso del 2017) per poi estendere la possibilità nel biennio successivo ai nati nel 1954 e 1955. Nannicini ha spiegato che non ci sarà una penalizzazione dell’assegno previdenziale in quanto tale ma una riduzione di fatto dovuta al pagamento della «rata di ammortamento » del prestito (con gli interessi), che sarà elargito dalle banche, garantito dalle assicurazioni e da restituire in 20 anni.  Per il pensionato, dunque, alla fine sarà decisivo vedere a quanto ammonta il taglio reale dell’assegno. Per ora non ci sono dettagli ma si sa che la percentuale non sarà uguale per tutti: la penalizzazione è prevista crescente a seconda che riguardi un disoccupato, il dipendente di una azienda in crisi, o un lavoratore che sceglie volontariamente di lasciare prima. La differenza la faranno gli sgravi fiscali che il governo prevede di riconoscere per le situazioni più disagiate, come i licenziati o i lavoratori impiegati in attività usuranti. Mentre in caso di pensionamenti anticipati per ristrutturazioni aziendali, saranno le imprese a farsi carico di parte dei costi. Per i volontari il taglio sarà più importante e arriveràe fino al 15% per i redditi più alti. Di fatto, esercitando un forte disincentivo a utilizzare lo strumento se non se ne ha la necessità. Il costo dell’operazione è stimato intorno a 1 miliardo l’anno a fronte dei 10 miliardi a regime di una flessibilità interamente a carico dello Stato e giudicata impraticabile per i nostri conti pubblici. «Il coinvolgimento degli istituti finanziari, delle banche e delle assicurazioni non viene fatto per una questione ideologica ma nasce esclusivamente dal rispetto dei vincoli di bilancio», ha spiegato Nannicini. All’Inps spetterà il compito di gestire le pratiche, sarà l’interfaccia tra i lavoratori e gli enti finanziari che erogheranno l’anticipo della pensione. Il meccanismo potrà essere chiesto senza offrire garanzie reali (ad esempio la casa). In caso di mancato pagamento delle rate non ci si potrà rivalere sugli eredi o sui percettori della pensione di reversibilità. Il confronto tra governo e sindacati proseguirà con due incontri sulle questioni previdenziali già fissati il 23 e il 28 giugno.
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