martedì 22 aprile 2014
I primi cento soldati tra i rifiuti tossici campani. Di notte la fascia oraria più a rischio. Video
TERRA DEI FUOCHI  - VAI AL DOSSIER
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La luna è proprio sopra il Vesuvio, appare e scompare dietro le nuvole che scorro­no di vento. Gli anfibi dei militari affon­dano in una distesa di amianto e plastica e gom­ma che probabilmente brucerà presto. Hanno buttato di tutto qui, sotto un lungo cavalcavia alla periferia di Cercola: carcasse di frigoriferi e di computer, parti di automobili e mobili, resi­dui di lavori edilizi e di aziende d’abbigliamen­to, spunta anche addirittura lo scheletro di un prefabbricato del terremoto. Pattugliamo coi soldati una notte e un giorno. I primi cento che dovranno occuparsi di chi sver­sa rifiuti tossici e chi li brucia nella Terra dei fuo­chi. Appartengono al Reggimento 'Cavallegge­ri Guide' di Salerno e alla Brigata 'Garibaldi' (già responsabile del Raggruppamento Cam­pania per l’operazione 'Strade sicure'). Turni da sei ore durante i quali i VM90  (che portano fino a dieci persone e sono una via di mezzo tra l’autocarro tattico e il fuoristrada) e le jeep per­corrono almeno centoventi chilometri su stra­de secondarie, fra le campagne e nelle città. Le pattuglie raddoppiano dalle diciotto alle venti­quattro, come hanno chiesto le Questure di Na­poli e Caserta, perché è quella la fascia oraria più 'a rischio', numeri alla mano. Il loro com­pito è, appunto, «prevenire e reprimere i reati ambientali, in particolare lo sversamento in­controllato di rifiuti ed i conseguenti roghi ille­gali » nei comuni che avevano sottoscritto il pat­to per la 'Terra dei fuochi'. Arresti e un enorme incendio Armi a tracolla e adesso luci spente. Tocca ai vi­sori notturni, siamo alle porte di Maddaloni. Il giubbotto antiproiettile neppure è troppo fa­stidioso. Tre giovani romeni sversano scarti di chissà quali lavorazioni e stanno per accen­derli. Li bloccano qualche attimo prima. E chia­mano i Carabinieri, che vengono ad arrestarli. Non c’è nessun giovanotto di primo pelo fra i militari, tutti hanno almeno dieci anni di ser­vizio e tutti almeno due o tre missioni sulle spalle (dal Libano al Kosovo, dall’Iraq all’Af­ghanistan): uno di loro, stanotte, è fra i quattro che rimasero feriti nel marzo 2012 nell’atten­tato che uccise un ufficiale italiano a Farah, in Afghanistan. Da qualche ora non piove più e fa anche me­no freddo. Notte strana. Calma. D’improvviso muoviamo a manetta verso una colonna altis­sima di fumo, lontana. Stavolta però non sono rifiuti, è una fabbrica di persiane che brucia a Casoria e chissà se abbia preso fuoco acciden­talmente. La scena è surreale, le fiamme sono infinite, attaccano il deposito delle vernici, eppure divorano tutto quasi senza crepitio. Foto, posizione e natura dei rifiuti Si ricomincia a girare, raggiungiamo Casalnuovo, i militari portano la mascherina sui volti, di not­te una torcia e, quando serve, infilano i guanti. Si sobbalza lungo le stradine sterrate. Puzza di ga­solio e brontolìo assordante dei motori dei VM90. Ci si ferma ad ogni 'discarica', piccola o grande che sia. La si fotografa, se ne segna la posizione e la natura dei rifiuti che vi sono stati abbandona­ti: a fine turno di pattugliamento, i soldati faran­no un preciso report per Questure e Prefetture, oltre che richiesta ai Comuni di competenza per la rimozione. E in pochi giorni qualcosina è sta­ta portata via, perché negli stessi posti i militari ripassano dopo un certo numero di giorni per controllare che la situazione sia cambiata (o me­no). «Quando la gente dovesse accorgersi di uno sversamento, di un rogo o di qualsiasi attività il­legale – dice il capitano Raffaele Califano – che fer­mi la nostra pattuglia, così ci darà la possibilità d’intervenire quanto prima possibile». Ed è già successo più volte. Tante segnalazioni dalla gente Via via tocchiamo Frattamaggiore, Frattaminore, Acerra. Quella può essere una chiave importan­te, se non decisiva: il rapporto con la gente. «Ab­biamo riscontri notevoli, segnalazioni che rac­cogliamo da cittadini comuni e di ogni età, che ci arrivano da giovanissimi, ma anche da persone più adulte – racconta il colonnello Vincenzo Lau­ro, portavoce del secondo Comando delle Forze di Difesa –. Molte persone hanno il coraggio di se­gnalare reati e annotano, per esempio, le targhe delle autovetture, come pure vengono a dirci i luoghi dove hanno trovato rifiuti abbandonati». Fuori Frattamaggiore, a pochi metri dalle noc­ciole, c’è un rogo. Corriamo anche lì, ma chi ha sversato e dato fuoco è scappato. Ecco anche i Vi­gili del fuoco. Di nuovo foto, di nuovo segnare o­gni dettaglio. Poi il capopattuglia chiama la Poli­zia locale, che arriva, controlla, scatta altre foto. Nei prossimi giorni i soldati verranno a vedere se e quali provvedimenti siano stati presi. Intanto vanno a fare domande a chi lavora nei campi qui intorno. Difficile che qualcuno dica qualcosa, però «serve a farci vedere», spiega il capitano Ca­lifano: «Così che la gente sappia che ci siamo e che può fidarsi». A un centinaio di metri c’è un corso d’acqua, un piccolo fiume. Ne spunta la carcas­sa di un’automobile, tonnellate di scarti d’abbi­gliamento, altri computer, lane isolanti e un bel po’ di porcherie tossiche di ogni tipo, comprese, a riva, delle flebo usate. Parlando con la gente ci si accorge che è la sfiducia nel­lo Stato (e i suoi rappresentanti) a farla da padrona. Tuttavia c’è una richiesta chiara e assai diffusa: avere un numero di telefono diretto coi militari da chiama­re per segnalare – in tempo reale – solamente sversa­menti e roghi. Loro, i soldati, sarebbero pronti.
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