domenica 13 settembre 2020
La Valletta aveva guidato il soccorso del mercantile, poi abbandonato per 38 giorni. Il trasbordo sulla nave umanitaria italiana ha sbloccato l’impasse. Ancora senza porto i 277 a bordo di Open Arms
In Italia i 27 respinti da Malta. C'è il sì del Viminale a Mediterranea
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Dopo 38 giorni a bordo di una petroliera danese, i 27 naufraghi che Malta ha chiesto di soccorrere rifiutandosi poi di accoglierli, sono stati trasbordati sulla Mare Jonio e sabato sera sono stati sbarcati a Pozzallo. Da tempo non accadeva che il Viminale assegnasse in tempi rapidi un porto alle navi di soccorso, mettendo fine a una odissea che Malta ha giocato sul piano diplomatico per regolare vecchi conti con la Danimarca, di cui il mercantile Maersk Etienne, che aveva preso a bordo i naufraghi, batte bandiera.

Il rimorchiatore della missione civile italiana, adattato da “Mediterranea” a nave di ricerca e soccorso, ancora una volta era finito nel rimpallo di responsabilità tra Roma e La Valletta. Sabato 12 settembre il comandante Pietro Marrone e il capo missione Giuseppe Caccia avevano formalmente chiesto alla Guardia costiera l’assegnazione di un porto. Richiesta subito girata, si apprende da ambienti della Capitaneria, «alle competenti autorità nazionali».

La decisione, a questo punto, era politica. Sulle prime la risposta era stata la solita: «Il soccorso è stato coordinato da Malta e bisogna rivolgersi a loro». La Valletta aveva risposto, lavandosi le mani: «Avete condotto un trasbordo in modo indipendente e non un salvataggio, poiché i migranti erano già al sicuro a bordo», dice una comunicazione inoltrata dalle Forze armate dell’isola. «Il centro di soccorso di Malta (Rcc) non è l’autorità competente – si legge ancora – e non ha mai avuto alcun tipo di comunicazione con la vostra nave. Si prega di contattare il proprio stato di bandiera per ulteriori istruzioni».

L’attesa dell’assegnazione di un porto riguarda anche Open Arms, che ha ottenuto l’ennesimo rifiuto da Malta e potrebbe rivolgersi nuovamente all’Italia. Dopo aver soccorso 83 persone in acque internazionali lo scorso 8 settembre, la nave dell’organizzazione spagnola si è diretta verso altre due imbarcazioni alla deriva insieme allo staff medico di Emergency. Un secondo soccorso è stato completato nella notte di giovedì 10 settembre: 77 persone recuperate, tra cui 11 donne e due bambini piccoli da Ghana, Bangladesh, Nigeria, Senegal, Mali e Namibia, molti con ustioni provocate dal carburante. Una terza operazione di soccorso si è poi conclusa venerdì sera nella zona Sar maltese. Anche in questo caso l’imbarcazione era alla deriva con 116 persone, tra cui 2 donne, che viaggiavano da 3 giorni sprovviste di cibo e di acqua. Il personale di Emergency ha confermato che tutti i naufraghi oltre che affamati erano in grave disidratazione, molti in stato confusionale e debilitazione severa. L’imbarcazione era stata segnalata dalla nave mercantile “Morning Crown” che per ore è rimasta accanto al barcone, ma senza prestare soccorso come era stato ordinato dalle autorità maltesi.

In questo momento il ponte della Open Arms ospita 276 persone. Nelle notte tra venerdì e ieri una motovedetta da Lampedusa aveva trasbordato una donna e il marito in condizioni di salute più difficili. Da circa tre mesi la ragazza, originaria del Camerun, credeva di essere incinta. Nella prigione libica non aveva avuto accesso ad alcun controllo medico. L’altro ieri la giovane ha accusato delle emorragie che hanno fatto chiedere al medico della Mare Jonio una evacuazione urgente. Una volta condotta nell’ospedale di Modica si è scoperto che la camerunense non era in gravidanza, ma soffre di una patologia di cui non era al corrente e perciò è stata sottoposta alle cure mediche e accompagnata nell’hotspot di Pozzallo.

«Abbiamo persone che hanno minacciato atti di autolesionismo e manifestato intenti suicidari. Abbiamo persone completamente apatiche che non reagiscono più alla situazione circostante. Richiediamo alle autorità di poter sbarcare immediatamente », ha spiegato nel report medico la dottoressa Agnese Colpani, del team sanitario di Mediterranea. Già un anno fa venne chiesto al comandante Pietro Marrone di «fermare i motori». Il capitano tirò dritto. Difficile che stavolta, in mancanza di decisioni celeri, non sarebbe accaduto lo stesso.

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