mercoledì 11 dicembre 2013
Cipriano Chianese, candidato con Forza Italia nel 1994, possiede la Resit dove interrò migliaia di tonnellate di rifiuti tossici.
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Non vendetta ma giustizia per la Campania di Maurizio Patriciello
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Ancora lui, sempre lui. Ieri sono scattate le ma­nette per Cipriano Chianese, il più noto im­prenditore dello smaltimento illecito di rifiu­ti, tra gli inventori delle ecomafie. Il terzo arresto per l’avvocato, così chiamato dai camorristi (lo è davve­ro e si è anche candidato con Forza Italia nel 1994), strettamente legato al clan dei casalesi, già agli arre­sti domiciliari per un’inchiesta su un traffico di rifiuti tra Veneto e Campania, e sotto processo per disastro ambientale e avvelenamento delle falde idriche pro­vocati dalla discarica Resit di Giugliano. Eppure an­cora in attività, come sottolinea il gip Alessandra Fer­rigno nell’ordinanza di custodia cautelare che acco­glie le richieste dei pm della Dda di Napoli.
E proprio l’attuale inchiesta, condotta dagli investigatori del­la Dia di Napoli, fa emergere come Chianese, mal­grado arresti, sequestri e processi non intenda mol­lare l’affare. «Una vera propensione a delinquere», scrive il magistrato. Al punto da arrivare a minac­ciare degli imprenditori torinesi, con la forza inti­midatrice del clan, per rientrare in possesso della so­cietà Mery Trans, azienda di trasporti molto prezio­sa nel settore rifiuti. L’accusa per Chianese e per il complice Carlo Verde è estorsione aggravata dal metodo mafioso. Fatti ri­salenti al 2005, a rischio di archiviazione perché al­lora non compresi fino in fondo, come scrive il gip, e ripresi in mano dal nuovo direttore della Dia na­poletana, Giuseppe Linares, ex capo della Squadra Mobile di Trapani, con una lunga esperienza in in­chieste sull’area grigia mafioso-imprenditoriale. Pro­prio quella di Chianese che, si legge nell’ordinanza, «ha operato con continuità fin dagli anni ’90 nell’al­tamente remunerativo settore degli illeciti smalti­menti di rifiuti in sinergia con la criminalità orga­nizzata ».
Una sinergia che lo porta a chiedere l’in­tervento del clan per risolvere i suoi problemi. Co­me nella vicenda che lo ha portato nuovamente in carcere. Così il collaboratore di giustizia Francesco Della Corte, killer di primo piano, viene inviato a To­rino per convincere gli imprenditori che avevano ac­quistato appena due mesi prima la Mery Trans, ad accollarsi un debito di 500mila euro e poi a mollare la società. Insomma una vendita fasulla, che po­trebbe celare anche traffici di rifiuti dal Piemonte al­la Campania. E per Chianese, oltre ai soldi, preme rientrare in possesso dei 12 camion che, riferiscono i collaboratori di giustizia, sono stati utilizzati pro­prio per portare rifiuti pericolosi nelle discarica Re- sit, quella dove tra l’altro vennero interrati i fanghi tossici provenienti dalla bonifica dell’Acna di Cen­gio, l’azienda al confine tra Piemonte e Liguria. Per questo il killer camorrista era necessario. «Ti spen­go come una candela», è la minaccia del camorrista a uno degli imprenditori: «Gli dissi che gli avrei moz­zato la testa», racconta ancora. E poi lo invita a re­carsi nel casertano, per parlare con Chianese, «ga­rantendogli l’incolumità».
Una frase che per i magi­strati rappresenta bene il potere dell’imprenditore. Che addirittura arriva a chiedere al killer di uccide­re un magistrato che «gli dava fastidio». «Il Verde - si legge ancora nell’ordinanza - gli aveva proposto l’in­carico di eliminare un magistrato di Napoli che sta­va indagando su Chianese. L’avvocato era disponi­bile a pagare 500mila euro». Nel mirino molto pro­babilmente Alessandro Milita, pm al processo Resit. Della Corte «rilancia a 1 milione di euro», e Verde lo rassicura che si può fare. Un progetto confermato da un altro collaboratore di giustizia, Salvatore Lai­so, perché diceva che «la legge gli stava addosso». Progetto fermato solo dal precedente arresto di Chia­nese. Che non ferma l’imprenditore che ha conti­nuato a far scaricare rifiuti industriali anche nelle sua cave poste sotto sequestro. Un sorta di impu­nità, forte di rapporti politici che portarono anche al­l’utilizzo delle sue discariche nelle fasi più dramma­tiche dell’emergenza rifiuti in Campania. Ora la nuo­va- vecchia vicenda e il terzo arresto. «Un vicenda ­scrive ancora il gip - di significativa gravità che pa­lesa l’eccezionale spregiudicatezza degli indagati».​​​
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