venerdì 19 ottobre 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
​Che il pramipexolo possa indurre comportamenti compulsivi è cosa nota: «Ma non capita sempre, anzi. Succede in un numero limitato di casi. Solo il cinque per cento dei pazienti – spiega Alberto Priori, dirigente medico presso l’unità operativa di Neurologia del Policlinico di Milano – va incontro a questo effetto collaterale, presentando modificazioni nell’atteggiamento verso il rischio economico o comportamenti compulsivi». Capita, seppur raramente, che – dopo aver cominciato il trattamento a base di pramipexolo o, comunque, di un farmaco che stimola la trasmissione della dopamina – il paziente sviluppi un’ossessione per il sesso, o per il cibo, per il gioco o per lo shopping. Ma molto dipende da come ha vissuto il paziente prima di cominciare la cura, se aveva già manifestato questo genere di disturbi in passato: «Per questo un’anamnesi ben fatta è fondamentale. Bisogna rivolgere al malato di Parkinson le domande giuste quando lo si prende in cura, essere espliciti sulla questione e fare in modo che sia esplicito lui. Altrimenti – spiega il neurologo – si incrementano le possibilità che si manifestino effetti collaterali indesiderati». La stimolazione del sistema dopaminergico agisce sulla sensazione di gratificazione: la stessa gratificazione cha proviamo quando vinciamo al gioco, quando soddisfiamo il desiderio sessuale, quando mangiamo un cibo che ci piace. «Un’ipotesi sperimentale su cui abbiamo lavorato e in corso di pubblicazione è che i pazienti che scatenano un comportamento rischioso – spiega Priori – stiano mettendo in atto una sorta di automedicazione, esponendosi per trovare soddisfazione e, così facendo, stimolare il proprio sistema dopaminergico».Per evitare complicazioni, meglio scavare a fondo nel passato del malato: «Ed è saggio, prescrivendo gli agonisti della dopamina, come il pramipexolo, far firmare al paziente un consenso informato in cui garantisca che non ha avuto in passato comportamenti compulsivi, assicurarsi che abbia compreso i pericoli cui va incontro se non ha detto la verità e condividere le informazioni – conclude Priori – anche con i familiari».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: