giovedì 1 luglio 2021
Parla Andrea Masullo, ex consigliere di amministrazione di Ama nominato dalla sindaca Raggi e poi “silurato” nel 2019: «In questi due anni nella Capitale non è stato fatto nulla»
Le strade della Capitale invase dai rifiuti

Le strade della Capitale invase dai rifiuti - Fotogramma

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«Per la gestione dei rifiuti a Roma in due anni non è stato fatto nulla. Tutto si è fermato». È una bocciatura totale quella di Andrea Masullo, ingegnere, fino al 31 marzo consulente del ministero dell’Ambiente ma soprattutto ex consigliere di amministrazione di Ama, nominato dalla sindaca Raggi e “defenestrato” il 19 febbraio 2019, assieme agli altri consiglieri, per non aver voluto cancellare dal bilancio Ama il debito del Comune di 18 milioni per i servizi cimiteriali. «Per aver preteso il rispetto della legge», torna a denunciare. Ora guarda la città piena di rifiuti e ci spiega il perché. Il racconto di chi aveva provato a cambiare. «In questi due anni gli impianti non hanno fatto un passo e le raccolte differenziate sono ferme, anzi c’è stato un arretramento e alcune sono state addirittura abbandonate. Non è stata aumentata di niente la raccolta porta a porta che aveva funzionato benissimo per 320mila abitanti dove era arrivata al 69-72%».

E qui da Masullo parte il primo affondo. «l’amministratore unico di Ama, Stefano Zaghis ha fatto un piano industriale in cui si diceva che le raccolte porta a porta sono solo oneri e quindi non intendeva dare nessuna priorità. Ignorando che ben organizzate sono invece una fonte di utili. Ma non hanno neanche implementato la raccolta stradale. E neanche sostituito i cassonetti rotti. Molte postazioni sono inaccessibili, coi coperchi bruciati o incastrati. Uno stato di totale abbandono». E intanto, accusa, «stiamo sopportando tra i maggiori costi in Italia per la gestione dei rifiuti, con un servizio estremamente scadente». Contesta il dato del 45% di differenziata rivendicato dall’attuale dirigenza di Ama. «In realtà è molto meno perché in quel numero mettono anche il multimateriale leggero dei cassonetti che poi non mandano al riciclo. Non riciclano niente. Anche noi non avevamo impianti, ma almeno cominciavamo a indirizzare i materiali a imprese che lo lavoravano. Era un utile che ancora non ripagava l’investimento per la raccolta, lo avrebbe fatto quando ci fossimo dotati degli impianti. E avremmo così potuto vendere i materiali. Ma non è stato realizzato nulla». Rivendica le scelte del Cda mandato a casa dalla Raggi. «Il nostro era un piano di investimenti molto chiari: 250 milioni trasferiti dall’esposizione con le banche agli investimenti. Diventavano un fattore di avanzamento e non un peso. Per realizzare 14 impianti che ci avrebbero portati a gestire il 70% dei rifiuti a Roma. Era un piano serio, perché ci eravamo imposti di realizzare tutto nel territorio romano. Era giusto eticamente.

Mentre adesso a Roma non gestiscono più del 10-12%». E Masullo accusa. «Spesso non svuotano i cassonetti perché non sanno dove portare i rifiuti». Con la criticità dei rifiuti degli esercizi commerciali. «L’attività era stata affidata a società private che nei primi mesi di esercizio l’avevano gestita male. Ci stavamo muovendo per rescindere il contratto coi maggiori inadempienti e riorganizzare il servizio. La nostra idea era di tenerlo dentro Ama e aspettavamo da mesi l’assunzione di 300 operai. Tutto si è bloccato quando siamo stati rimossi». Masullo lancia una chiara accusa. «L’unico esito, se si continua a non far nulla, è la privatizzazione. C’è una società grossa che progetta impianti e non aspetta altro per mangiarsi tutto. Parlo dell’Acea, che per il 51% è del Comune ma per il resto di privati come Suez e Caltagirone. Ma in questo modo tutti gli utili che avevamo previsto per Ama per poter diminuire ai cittadini la tariffa, diventano utili per i privati. Mentre ad Ama resterebbero solo gli oneri della raccolta». Tra i progetti rimasti bloccati, quello di impianti innovativi per il trattamento termico dei rifiuti. «Anziché l’incenerimento qualcosa di più moderno, gli impianti di Itea a Gioia del Colle. Non sono inquinanti e producono ceneri inerti con cui avremmo riattivato alcune attività di ceramiche in provincia di Frosinone per fare piastrelle per la pavimentazione stradale. Impianti che potevano essere fatti tranquillamente nell’area romana». Grazie a tutto questo, «sarebbe bastata una discarica piccola. Ora, invece, devi pensare a un sito importante perché nella situazione in cui siamo c’è il nulla».



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