giovedì 22 ottobre 2020
Ore di tensione in una struttura gestita da una cooperativa. I richiedenti asilo hanno bloccato dentro i dipendenti: «Qui in 400, ma ci impediscono di uscire per 8 positivi, dobbiamo lavorare».
Il 219 di via della Riserva nuova al Prenestino

Il 219 di via della Riserva nuova al Prenestino - .

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È stata una giornata di tensione nel centro di accoglienza in via della Riserva Nuova 219, al Prenestino. Gli ospiti della struttura si sono chiusi all'interno dell'immobile impedendo di uscire agli otto dipendenti della cooperativa. All'origine della protesta il permesso a uscire negato dall'Asl a causa della presenza tra loro di alcuni positivi al Coronavirus.

La violenta protesta è scoppiata nel primo pomeriggio quando i migranti - nigeriani, pakistani e bengalesi - si sono barricati nell'ufficio all'interno del centro di accoglienza. «Se non possiamo uscire noi, non escono nemmeno loro», avrebbero detto alcuni immigrati agli agenti di Polizia intervenuti. Le prime a essere rilasciate sono state quattro dipendenti donne. Poi poco prima delle 19 sono stati liberati anche gli uomini, stavolta grazie all'intervento dei poliziotti, che insieme agli agenti del Reparto Mobile sul posto hanno aperto il portone costringendo gli immigrati che protestavano a lasciarli liberi di uscire. Sul posto molte persone, tra cui anche i parenti delle persone tenute all'interno dell'ufficio.

All'origine della protesta ci sarebbe una quarantena generalizzata e la pessima gestione - a detta dei migranti - di vitto e alloggio. «Siamo 400 qui, per 8 positivi tutti gli altri sono in carcere. Non ce la facciamo più», hanno detto alcuni immigrati ospiti nel centro. «Siamo animali in gabbia - dicono - il cibo è pessimo e lo buttiamo ogni volta, ci danno solo pasta e riso senza nemmeno il condimento. Non c'è acqua calda». Accuse tutte da verificare.

«Ero tra le otto persone chiuse nella stanza del centro di accoglienza», racconta uno degli impiegati: «Ci hanno sequestrato, serrando porte e finestre con ogni cosa gli capitasse a tiro, con palanche e chiodi. Ci minacciavano ed era impossibile metter piede fuori».L'uomo poi aggiunge: «Eravamo in attesa degli esiti dell'ennesimo tampone, che tra l'altro sarebbe arrivato tra oggi e domani. Facendo così, e questo dispiace, hanno rovinato un lavoro fatto in questo centro e nel quartiere da quattro anni».

Il motivo della rivolta sarebbe stata infatti la quarantena imposta a tutti: «Il problema vero - dicono i migranti - è che con chi lavora qui avevamo fatto un accordo, dieci giorni di quarantena e saremmo stati liberi di uscire. Abbiamo fatto tutti tre tamponi, il 26 settembre primo, l'8 ottobre l'altro e l'ultimo martedì scorso. Non ci è mai arrivato alcun risultato e nel frattempo c'è chi ha perso il lavoro» aggiungono. C'è chi fa il panettiere, chi l'ambulante a Termini, chi il cameriere in un ristorante. «Senza un contratto perdiamo tutto - incalzano - molti di noi hanno una famiglia nel nostro Paese da mantenere. Come facciamo, bloccati qui?».

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