lunedì 28 ottobre 2013
​Immigrazione, il ministro degli Affari Ue valorizza gli esiti del Consiglio europeo: «Tempi lunghi? No, il calendario fissato è segno della volontà di avere risultati» (di Eugenio Fatigante)
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Gli esiti sul tema migrazioni del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo a Bruxelles sono «più positivi» di quel che può apparire. A 24 ore di distanza Enzo Moavero Milanesi, il ministro degli Affari europei che ha seguito tutta l’istruttoria del vertice, argomenta quel giudizio di «risultati sufficienti rispetto alle attese» dato "a caldo" dal premier Letta.Si è parlato di «tempi lunghi». Per le questioni dell’asilo se ne riparlerà a giugno 2014...Le proporzioni delle tragedie avvenute nel Mediterraneo inducono la nostra sensibilità a pretendere risposte immediate. Questa esigenza deve fare i conti però con la "meccanica" dell’Unione, la cui complessità è nota. Ma, col dovuto rispetto alla drammaticità della situazione, io parlerei di un risultato molto positivo.Addirittura?Per rendere con un’immagine, è come se sui migranti la Ue si fosse impegnata finora con una cassetta degli attrezzi di cui aveva aperto solo un paio di scomparti. Ora li abbiamo aperti tutti. E l’aver fissato sin da ora un percorso, con delle tappe precise, nella metodologia europea è un chiaro sintomo della volontà di affrontare e risolvere una questione. D’altronde, al di là delle analogie, non è che sulla crisi economica, iniziata nel 2008, l’Europa abbia garantito risposte più immediate.Ci si attendeva subito qualcosa di concreto.Ripeto: è più che comprensibile. Io vedo comunque tre ordini di risultati ottenuti: oltre a un calendario, ci sono misure immediate, anche se parziali, a cominciare dal potenziamento di Frontex; e c’è una presa di coscienza da parte dei leader come mai prima d’ora.In che senso?Erano tanti anni che il Consiglio europeo non si occupava di migrazioni. Ci si poteva limitare a manifestare una generica sensibilità sul tema. Invece c’è stata una reale discussione, sinceramente sentita, che ha occupato la gran parte della mattina di venerdì. Con una genuina partecipazione nel dire «mai più queste tragedie». E, soprattutto, non ci sono state distonie rispetto all’esigenza di dover fare di più. E con un approccio diverso, che è condizione indispensabile per passare alle ulteriori fasi. Stavolta non ho sentito dei "sì, ma tuttavia...".In cosa si potrà vedere questo "approccio"?A esempio - anche se è presto per le decisioni finali -, negli accordi di cooperazione con i Paesi di origine dei migranti e con quelli del Mediterraneo, per affrontare aspetti cruciali dei flussi migratori si potrà puntare ad accordi siglati dall’Unione e non più lasciati ai singoli stati.Sì, ma i tempi lunghi?Va ricordato che al Consiglio europeo vengono decise linee politiche d’intervento. Spetta poi alla Commissione e ai Consigli ministeriali tradurle in atti concreti. Il lavoro della <+corsivo>task force<+tondo> Commissione-Stati membri da poco insediata, poi, sarà molto importante. Già ai primi di dicembre avremo delle indicazioni operative per consentire poi al vertice del 19 dicembre di riparlarne. Quanto alla prospettiva più a lungo termine - cioè il Consiglio di giugno 2014 -, sarà dedicata alle modifiche legislative anche relativamente all’asilo.Si è discusso della possibilità di concedere il diritto d’asilo già nei Paesi d’origine, per evitare a queste persone i rischi legati ai viaggi via mare?Non stavolta. Sono appunto le questioni che andranno definite entro giugno. La sensibilità italiana va già in questo senso, ed è importante che a questi aspetti ora guardino tutti con apertura al dialogo.Insomma, non sono solo dichiarazioni di principio?No, e poi c’è stato un crescendo. A parte l’aver ottenuto di inserire il punto dopo la tragedia del 3 ottobre a Lampedusa, i testi conclusivi del Consiglio europeo - che come sempre si preparano prima - sono stati rafforzati via via, a riprova della maturazione di una volontà collettiva: eravamo partiti con parole timide, siamo arrivati a un capitolo specifico con 4 paragrafi. Può sembrare un dato burocratico, ma dimostra - ripeto - che stavolta c’è una volontà effettiva di arrivare a un risultato.
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