giovedì 6 maggio 2010
Sventato a Roma attentato contro i carabinieri. Il 21 aprile a Fiumicino era stato intercettato un pacco, indirizzato a una caserma, in cui c’erano esplosivo e chiodi. Preoccupazione tra gli investigatori e gli operatori addetti ai controlli degli irregolari. Una nota riservata della polizia mette in guardia gli operatori che si occupano dell’identificazione e dell’assistenza degli irregolari.
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È allarme attentati nei Centri di identificazione ed espulsione degli immigrati. E stavolta non si può escludere il «ricorso all’omicidio». Lo sostiene un documento di polizia emesso dopo che il 21 aprile è stata evitata una strage di carabinieri. Un congegno esplosivo destinato a una caserma era stato scoperto nel centro meccanografico postale di Fiumicino. Il pacco era stato caricato con polvere pirica e chiodi, così da devastare chi fosse stato investito dalla deflagrazione.Il fallito attentato è stato rivendicato alcuni giorni dopo, come confermano fonti investigative, da una sigla anarcoinsurrezionalista. La minaccia, non nuova, è quella di rispondere «colpo su colpo ai soprusi quotidiani compiuti nelle carceri, nelle caserme, nei tribunali, nei lager per migranti chiamati Cie». Stavolta c’è di più. Una nota di polizia, che Avvenire ha potuto visionare, avverte che gli eversivi potrebbero spingersi fino a fare dei morti.L’ordigno rinvenuto a Roma era indirizzato ai Carabinieri della caserma Gianicolense, nel quartiere Monteverde. Il plico, una busta commerciale gialla, conteneva un porta-trucco per donna. Apparentemente un pacco regalo. I sistemi di sicurezza hanno però rilevato alcune anomalie, poi confermate dagli artificieri: una pila da 9 volt, una lampadina e polvere esplosiva ricoperta di chiodi. Il consueto meccanismo della bomba a strappo, ideata perché scoppi al momento dell’apertura dalla busta o del suo contenuto, ma che stavolta avrebbe trasformando i chiodi in schegge mortali nel raggio di diversi metri.Per questa ragione in alcuni Centri per immigrati del Nord Italia sono stati intensificati i controlli postali. «In generale il clima è abbastanza teso», conferma Orazio Micalizi, del consorzio Connecting People, ente che gestisce le strutture di Gradisca d’Isonzo, Brindisi, Foggia e Trapani. «Non che i Cie rappresentino un modello che condividiamo appieno – chiarisce Micalizi –, abbiamo però ritenuto di stare comunque al fianco delle persone che lì vengono accompagnate, per alleviare il più possibile il loro disagio». Impegno ripagato il 19 dicembre scorso con una busta esplosiva recapitata proprio al Cie di Gradisca. A prendere in consegna la corrispondenza quella mattina fu il direttore della struttura. Fece in tempo a gettare lontano la busta scampando alle ferite che invece il 27 marzo ha subito a Milano un dipendente delle poste a cui scoppiò tra le mani un ordigno rudimentale destinato alla Lega Nord.Al personale dei Cie le autorità suggeriscono di adottare «ogni possibile cautela nei confronti di plichi od involucri sospetti», ricorrendo alle Questure che dispongono di una speciale apparecchiatura in grado di rilevare le trappole confezionate dai terroristi.Nello stesso giorno in cui a Roma veniva scoperto l’ordigno che avrebbe potuto uccidere i carabinieri di Monteverde, a Bologna 14 appartenenti a circoli anarchici facevano irruzione negli uffici del giudice di Pace attaccando volantini in «solidarietà agli ospiti del Cie». Medesimo copione a Torino dove un gruppo di attivisti ha interrotto una riunione degli operatori di Connecting People minacciando ritorsioni contro chi gestisce i centri di permanenza. Strutture che alcune regioni non vorrebbero mai vedere sul proprio territorio. Il 15 aprile la Corte Costituzionale ha bocciato una norma approvata in Liguria, su proposta di Rifondazione comunista, nella quale si afferma «la indisponibilità della Regione ad avere sul proprio territorio strutture in cui si svolgono funzioni preliminari di trattamento e identificazione personale dei cittadini stranieri immigrati».Domenica scorsa c’è stato chi si è spinto oltre. A Modena nel corso della Messa del mattino un gruppo di manifestanti ha interrotto la celebrazione in Duomo gridando ingiurie contro la confraternita della Misericordia, che gestisce i centri di identificazione di Modena e Bologna.Un’azione tesa «a intimidire gente innocente – scrive in una nota l’arcidiocesi modenese –. È scorretto coinvolgere persone ignare e inermi. È offensivo per il luogo e per il momento in cui è avvenuta». Nel mirino ancora una volta gli operatori delle Misericordie e il presidente Daniele Giovanardi, da tempo sotto scorta. «Credevamo, come associazione cattolica, di poter essere in qualche modo di aiuto a questi infelici – ha detto Giovanardi dopo l’irruzione – e di contribuire anche a un miglior quadro legislativo nei loro confronti. Ora assistiamo sbigottiti a una crescita incontenibile di violenze verbali e materiali».
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