mercoledì 27 ottobre 2010

 

COMMENTA E CONDIVIDI
Sfiorano quasi i 5 milioni di presenze. Sono il 7% della popolazione residente. Due milioni di lavoratori che producono più dell’11% del pil nazionale e dichiarano al fisco 33 miliardi di euro. E la differenza tra quanto spende lo Stato in servizi per loro e quanto incassa in tasse e contributi è di un miliardo, che resta nelle casse dell’erario. Ma i pregiudizi, cavalcati dalla politica, sono duri a morire. Così per molti italiani gli stranieri sarebbero addirittura 15 milioni, il 23% della popolazione, e i "clandestini" addirittura più numerosi dei migranti regolari, quando tutte le stime parlano di circa 500 mila presenze irregolari. Sono passati 20 anni dalla pubblicazione della prima edizione del Dossier statistico Immigrazione elaborato da Caritas italiana e Fondazione Migrantes. Due decenni durante i quali gli immigrati si sono decuplicati. La loro presenza è ormai strutturale e indispensabile all’economia. Ma il cammino dell’integrazione è ancora lungo: non è casuale il titolo dell’edizione 2010: «Per una cultura dell’altro». Caritas e Migrantes correggono dunque i calcoli dell’Istat che registra 4 milioni e 235 mila residenti stranieri. Includendo anche tutte le persone regolarmente soggiornanti anche se non ancora iscritte all’anagrafe, si arriva a 4 milioni e 919 mila immigrati, uno ogni 12 residenti, il 7%. Una percentuale che pone l’Italia tra i primi paesi europei, seconda solo alla Germania. In Emilia Romagna, Lombardia e Umbria gli immigrati superano il 10%. Disomogenea la presenza territoriale: oltre il 60% è al Nord, il 25% al Centro, il 14% circa al Sud. Primi ancora gli immigrati dalla Romania (887.763 residenti), seguono Albania (466.684), Marocco (431.529), Cina (188.352), Ucraina (174.129), Filippine (123.584). Franco Pittau, coordinatore del Dossier, parla dell’Italia come di «un Paese in affanno che non riesce a modernizzare il suo sistema produttivo e non attira investimenti esteri». Un contesto difficile in cui l’immigrazione «si colloca sicuramente come una risorsa positiva come apporto di mano d’opera, contributi pensionistici, posti di lavoro creati nelle 213 mila aziende di imprenditori stranieri». La società multiculturale «è una constatazione», ma gli italiani ignorano le dimensioni del fenomeno, come attestato dalla già citata ricerca Transatlantic Trends 2009. Serve una strategia dell’integrazione, mentre «gli immigrati sono chiamati a non isolarsi, a partecipare alla vita della società che li ha accolti, condividendo regole e obiettivi». Ricorda che la Germania «riserva a ogni nuovo venuto un corso gratuito di 900 ore di insegnamento del tedesco». Monsignor Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma e presidente della Commissione migrazioni dei vescovi laziali, ricorda che «l’attenzione all’immigrazione della Chiesa è dovuta per coerenza storica», dopo 150 anni di assistenza agli emigrati italiani. Monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, ricorda con commozione il fondatore don Luigi Di Liegro, ideatore del Dossier e «amico degli immigrati». La presentazione del dossier è l’occasione per la testimonianza di un immigrato di successo, Radwan Khawatmi, imprenditore siriano da 30 anni in Italia, fondatore di un’azienda di elettrodomestici con 500 lavoratori e 50 milioni di fatturato. «Io ce l’ho fatta. Ho dovuto avere una marcia in più. Ma l’immigrazione non è questione di lavavetri o di qualche delinquente, come la dipingono certe forze politiche che ci offendono profondamente». E conclude: «Dio benedica questo Paese, viva l’Italia».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: