giovedì 11 giugno 2015
​Un presidio sanitario per i 250 immigrati fermi alla stazione ferroviaria. Diversi hanno bisogno di cure. Bagnasco: paura cattiva consigliera. Il racconto dell'eritreo che vuole andare in Danimarca.
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Continua l'emergenza immigrati a Milano, dove, alla Stazione Centrale, sono accampati oltre 250 profughi, con diversi di loro che presentano problemi di salute. In queste ore si sta allestendo anche un presidio sanitario per l'assistenza e le prime visite mediche. Il presidio, dice il personale dell'Asl, sarà pronto in serata e verrà recintato e segnalato a tutti i profughi che necessitano di cure. Sul posto è prevista la presenza 24 ore su 24 di 15 unità di personale sanitario e almeno un medico per nove ore, che deciderà su eventuali trasferimenti in strutture ospedaliere. "Ieri abbiamo lavorato fino all'una di stanotte circa per portare almeno tutte le donne presenti in uno dei centri di accoglienza milanesi", spiega uno dei dipendenti dell'Asl, mentre la maggior parte degli uomini è rimasta a dormire tra l'interno della stazione e piazza Duca D'Aosta. I profughi sono principalmente di nazionalità eritrea e siriana, la maggior parte di loro è sbarcata nei giorni scorsi in Sicilia dalla Libia. "Si tratta di un'unità mobile sanitaria di primissima accoglienza, il presidio visiterà tutti i profughi che ci vengono segnalati dai volontari presenti alla stazione centrale" spiega Giorgio Ciconali, medico dell'Asl responsabile della struttura. Al momento il presidio, che sarà in funzione dalle 9 di domani venerdì, è in attesa dei farmaci di prima necessità, ma tra tutti il pericolo numero uno si chiama scabbia: "Di scabbia non si muore, ma è comunque una malattia estremamente fastidiosa e dobbiamo evitare il contagio tra i profughi. Stiamo aspettando una fornitura di 500 pomate anti scabbia, e quando si riscontreranno dei casi li isoleremo e cureremo". Il cardinale Bagnasco: non diffondiamo la paura, cattiva consigliera Il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ha invitato a guardare al fenomeno dell'immigrazione e alle soluzioni dell'accoglienza "non con paura, ma con realismo". A margine del national day della Santa Sede a Expo, Bagnasco ha spiegato che non bisogna "alimentare la paura" perchè "non è una buona consigliera". "Dobbiamo affrontare i problemi con realismo - ha aggiunto - e con disponibilità da parte di tutti". L’eritro: voglio andare in Danimarca Ha 28 anni Okubai ed è uno delle centinaia di immigrati che sono arrivati in questi giorni dall'Eritrea a Milano. Adesso bivacca alla Stazione Centrale in attesa di proseguire il suo viaggio. "Voglio andare in Danimarca, dove mio fratello vive da 7 mesi", ha spiegato in arabo tramite uno dei volontari che operano in Stazione. "Sono partito due mesi fa, ho attraversato l'Eritrea, l'Etiopia, il Sudan e la Libia", ha raccontato mostrando un biglietto con la scritta 'Ligurià. È stata la sua prima tappa in Italia, prima di raggiungere Milano, dove è arrivato 4 giorni fa. La notte dorme in stazione come altri 300 eritrei come lui, che parlano quasi solo in tigrino, poco in arabo e pochissimo o niente in inglese. Okubai sa dove vorrebbe andare, in Danimarca, ma alla domanda su come arrivarci non riesce a dare una risposta. Roma, i profughi alla Stazione Tiburtina Dormono sui cartoni, per terra. Sdraiati su quell'asfalto che diventa incandescente di giorno. Non hanno acqua né cibo, non hanno bagni. Ce n'è solo uno, ed è a pagamento. L'ombra poi è poca, perché pochi sono gli alberi. E allora si sta stretti, tutti vicini, in 500 che di sera diventano 300, ad aspettare che le cose cambino. Sono gli 'invisibilì accampati nei pressi della Stazione Tiburtina, a Roma: alcuni immigrati provengono dai barconi che approdano nel Sud Italia, soprattutto etiopi ed eritrei, scampati alla fame e alle guerre, altri vengono dai centri di accoglienza che hanno poi deciso di abbandonare, altri ancora sono gli sgomberati di alcuni campi abusivi della capitale. Attendono un pullman che li porti via, verso una nuova vita: in Germania, Austria, o comunque nel Nord Europa, fanno capire. Ma molti non hanno i documenti, e le cose per loro si complicano. Oltre al fatto che Berlino ha sospeso temporaneamente il trattato di Schengen fino al 15 giugno per il G7. E allora stanno fermi lì, a Largo Mazzoni, via Pietro l'Eremita e via Cupa, dove c'è un centro di accoglienza. La Croce Rossa Italiana, con un medico, infermieri e mediatori culturali, e un camper ormai fisso, provvede a dare loro i pasti e li assiste da un punto di vista sanitario. I farmaci sono forniti dalla Asl RmA. "Queste persone - spiegano dalla Croce Rossa - presentano malattie dermatologiche, hanno ustioni provocate dalla nafta dei barconi o ferite da arma da fuoco non curate. Qui proseguiamo anche le terapie iniziate dopo gli sbarchi. Abbiamo circa 60 pazienti al giorno". Da stasera ci saranno nuove associazioni ad aiutare gli immigrati, ma anche parrocchie. Intanto alcuni passanti lasciano una bottiglia di acqua, qualche cosa da mangiare, o un pò di spicci. E loro, gli invisibili, ringraziano con larghi sorrisi, ma con la malinconia di chi non sa cosa ne sarà della propria vita. Di certo, per ora, c'è solo quel cartone sul quale dormire.
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