venerdì 29 aprile 2016
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ROMA «L’allerta è alta, ma è alta anche la nostra attenzione ». È il ministro dell’Interno Angelino Alfano a confermare lo spessore delle informazioni raccolte dalla magistratura e dagli investigatori di Polizia e Carabinieri sui destinatari del blitz di ieri. Al secondo piano del Viminale, dove si trovano gli uffici del ministro e del direttore generale della Pubblica sicurezza, Alessandro Pansa, c’è soddisfazione per la tempestività con cui si è chiusa l’operazione. Di buon mattino, è giunto da Palazzo Chigi, via Twitter, l’apprezzamento del premier Matteo Renzi: «Operazione molto importante. Complimenti a ministro, intelligence, inquirenti e forze ordine #tuttiinsieme». Toni analoghi nel tweet dello stesso Alfano («Oggi bel successo! Operazio- ne antiterrorismo frutto del gioco di squadra. Le nostre leggi #antiterrorismo stanno funzionando»), che tuttavia non nasconde la consapevolezza che l’Italia rimanga fra i potenziali bersagli del Daesh. Lo sottolinea il gip milanese Manuela Cannavale in un passaggio chiave dell’ordinanza di custodia eseguita ieri: «Di elevatissimo allarme sono i ripetuti riferimenti all’Italia come luogo di prossimi e imminenti attentati, atteso che in tale paese non è ancora stato fatto nulla, sebbene sia il Paese dei crociati». Il ministro non cerca di essere rassicurante: «Abbiamo una serie di evidenze investigative che vi era un serio intento di colpire l’Italia – dice Alfano –. Gli arrestati non erano già alla predisposizione materiale dell’attentato, ma c’era una volontà accentuata di procedere. Avevano contatti in Siria». Dalle carte dell’inchiesta lombarda riaffiorano i due profili in cima alle preoccupazioni di 007 e investigatori italiani: quello del 'lupo solitario' e quello del combattente di ritorno dai campi di battaglia di Siria o Iraq. «L’Italia è stata colpita meno di altri Paesi europei dal fenomeno dei foreign fighters », argomenta Alfano. Nei giorni scorsi, riferendo al Copasir, il capo della Polizia Pansa ne ha fornito il numero aggiornato: 98, compresi però anche quelli, poco meno di una ventina, già morti in combattimento in Siria e Iraq. Mentre il responsabile per la comunicazione del Dipartimento informazioni per la sicurezza, Paolo Scotto di Castelbianco, fa sapere che «sono 200-300 le persone che su Twitter fanno comunicazione per Daesh, alimentano la piattaforma con continuità per fare proseliti e alimentare paura, insicurezza e comportamenti irrazionali in Occidente». Per l’alto funzionario dell’intelligence, «chi racconta che i terroristi del Daesh arrivano sui barconi dalla Libia», dice sciocchezze «terrificanti». Ma i partiti di opposizione, Lega Nord in testa, in clima elettorale pre-amministrative utilizzano le evidenze dell’indagine per rilanciare le proprie accuse di lassismo nelle politiche sull’immigrazione: «Renzi è solo incapace oppure è complice?», attacca su Twitter il leader del Carroccio Matteo Salvini, mentre il segretario regionale lombardo, e deputato, Paolo Grimoldi, segnala come, «delle 11 espulsioni operate dal Viminale nel 2016 e delle altre 70 eseguite nel 2015, la maggior parte sono avvenute in territorio lombardo » e chiede un «giro di vite su moschee e associazioni islamiche che finora non hanno garantito trasparenza ». Ironica la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che scrive su Facebook: «Renzi e Alfano hanno fatto entrare in Italia chiunque senza controlli, l’intelligence ha operato, gli inquirenti hanno indagato e le forze dell’ordine hanno fatto gli arresti. Quando si dice il gioco di squadra». © RIPRODUZIONE RISERVATA Le reazioni Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano
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