domenica 14 febbraio 2021
Dopo la creazione del ministero (in attesa del portafoglio) i nodi da affrontare: governance e comunicazione. L’esperto Naschi: un sistema simile alla Spagna per rilanciare borghi e conventi in disuso
Vincenzo Maria Naschi

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Il mondo del turismo esulta per il ministero specifico (che avrà un suo portafoglio) dedicato nel governo Draghi, affidato al leghista Massimo Garavaglia. Il settore, che prima della pandemia valeva oltre il 13% del Pil italiano (circa 240 miliardi), impegnava il 15% della forza lavoro, contribuisce per 44 miliardi alla bilancia commerciale italiana e registrava un valore della produzione di 190 miliardi, è stato massacrato dalla crisi del Covid. Che per questo comparto ha generato davvero gli effetti di una guerra: se il Pil del Paese è crollato dell’8,8% nel 2020, quello turistico è sprofondato del 40%, con ben 237 milioni di presenze in meno rispetto al 2019. Già il 'piano Colao' (pure lui ministro ora, altro fattore positivo) aveva indicato turismo, arte e cultura come il ' brand' primario del Paese. «È questo il momento per un piano di rilancio del turismo, che investa 'debito buono', per dirla alla Draghi, in modo da definire strategie e processi utili a ricostruire su basi solide il nostro 'marchio'», dice Vincenzo Maria Naschi, 55 anni, in passato presidente di Horwath Htl, network di consulenza strategica, e ora proprietario di un albergo diffuso a Borgo Campello, in Umbria. Secondo il Travel competitiveness report del World Economic Forum, l’Italia è al 63° posto per importanza data al settore mentre, a esempio, la vicina Spagna è al 9°. «Esiste storicamente un problema di governance – prosegue Naschi –. Manca il coordinamento tra tutti gli attori coinvolti (governo centrale, Regioni, associazioni di categoria, ecc.) per cui non si sa sviluppare una strategia unica. Un presidio governativo, con risorse opportune, è benvenuto. L’Italia gode di un potenziale d’immagine straordinario, ma le attività di comunicazione frammentate non sono efficaci rispetto ai competitori. Questo fa sì che la nostra reputation, nel gergo delle grandi agenzie di viaggi on-line, sia più esposta a pubblicità negative sui media internazionali. Occorre una comunicazione unitaria e più incisiva, con un budget centrale per superare l’assenza di scala negli investimenti di comunicazione ». Pesa anche la mancanza di accordi strutturati con i tour operator esteri, che finisce con l’attirare meno flussi turistici del potenziale: siamo solo al 5° posto per numero di visitatori internazionali dietro a Francia, Spagna, Usa e Cina, una volta eravamo i primi. C’è poi il capitolo della capacità ricettiva. «Esiste una disomogeneità tra Regioni nel certificare i livelli, le stelle – prosegue Naschi –, per cui si offrono al turista limitate garanzie di uniformità, oltre che un sistema obsoleto. Occorre rinnovare ed uniformare gli standard nazionali e soprattutto definire un sistema di controllo dinamico, per delle revisioni continue. Altra questione legata al mancato gioco di squadra è quella delle reti di impresa che consentano di condividere risorse, competenze, capacità progettuali e accesso al credito: oggi coinvolgono solo il 5% delle imprese turistiche, stando al piano Colao. A livello strutturale la frammentazione ricettiva (270mila strutture, di cui 36mila alberghiere) frena gli investimenti, e poi c’è un’alta offerta di strutture di fascia intermedia: il 55% degli hotel sono a 3 stelle e di costruzione non recente. Invece la domanda cresce per le fasce alte del mercato». Questi elementi portano a conseguenze sulle scelte da fare. «È necessario nel Pnrr sostenere ed incentivare – analizza ancora l’esperto – la riqualificazione delle strutture: le tecnologie, si veda la fibra ottica ancora difettosa, e la componente green, con impianti efficienti e non inquinanti. Un tema che può divenire strategico, poi, è legato agli edifici e aree di grande valore storico ed artistico - borghi, conventi, castelli e fortezze, palazzi -, presenti in gran numero in Italia e non adeguatamente valorizzati. Hanno però un forte significato iconico, perché rappresentano la nostra identità culturale. Avrebbe un grande impatto favorire la creazione di una catena iconica italiana, attraendo anche capitali privati ad hoc sotto l’egida dello Stato, sull’esempio di quanto fa la Spagna con la catena dei "Paradores". Ciò consentirebbe di attrarre turisti in molte aree del Paese dal potenziale ancora inespresso e di recuperare il nostro patrimonio storico artistico. Si pensi all’indotto che un’operazione del genere creerebbe». Infine, il nodo formazione. Da noi c’è carenza di scuole professionali di livello per direttori e management del turismo, del tipo dell’Ecole Hotelier di Losanna. «Nel 2025 ci sarà il grande Giubileo – conclude Naschi –. Saprà l’industria turistica risollevarsi e farsi trovare pronta per questa grande opportunità? Il ministero è un primo passo che genera ottimismo».

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