giovedì 31 marzo 2016
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Il loro sogno s’è infranto nel settembre del 2013, quando il governo africano ha deciso improvvisamente di sospendere i permessi di espatrio. All’epoca il Congo sostenne da un lato di aver riscontrato casi di corruzione e falsificazione di documenti, e dall’altro il timore che i piccoli potessero essere vittime di abusi o di traffico di esseri umani. Risultato: adozioni bloccate a tempo indeterminato, per tutti. Dopo un momento di empasse, il governo italiano manda una delegazione a Kinshasa: le autorità locali garantiscono che in tempi stretti i nostri dossier saranno esaminati, che non siamo coinvolti nei casi sospetti, ma la promessa non viene rispettata. La situazione non si sblocca neanche dopo un colloquio telefonico tra l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta italiano e il primo ministro congolese. Solo nel maggio dell’anno successivo 24 coppie riescono a rientrare in Italia coi loro bimbi: ne vengono “liberati” una trentina, arrivano su un volo di Stato insieme al ministro delle Riforme Maria Elena Boschi e preceduti da un tweet soddisfatto del premier Renzi. Poi tutto si arena di nuovo. A novembre 2015 l’ulteriore sblocco: a gennaio arrivano 10 bimbi a Fiumicino. Poi, in tempi strettissimi, 4 nuove liste sbloccate dalla Commissione interministeriale congolese creata ad hoc per gestire la vicenda: in tutto 133 bimbi liberi di abbracciare, finalmente, i loro genitori italiani e il cui destino tuttavia resta ancora appeso alla burocrazia.
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