giovedì 14 dicembre 2017
Oggi Gentiloni e Juncker con Paesi Visegrad
«Il sistema delle quote funziona». Il vertice Ue ha già bocciato Tusk
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La redistribuzione dei richiedenti asilo serve, non si torna indietro, la solidarietà non è fatta solo di soldi. Dopo la dura reazione del commissario alla Migrazione Dimitris Avramopoulos («inaccettabile», «antieuropeo »), ieri contro il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk (che oggi al vertice Ue presenta ai leader una nota in cui definisce la ridistribuzione «divisiva» e «inefficace») sono scesi in campo anche il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker e il suo primo vicepresidente, Frans Timmermans.

«Per il presidente Juncker – ha detto il portavoce Margaritis Schinas – la solidarietà non è solo soldi e frontiere. Serve un approccio globale che copra responsabilità, solidarietà, aspetti interni e esterni della politica migratoria». È la linea italiana, che Gentiloni e Juncker presenteranno insieme oggi all’incontro – subito prima dell’avvio del Consiglio Europeo – con i Paesi Visegrad (Repub- blica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, gli stessi che rifiutano l’accoglienza).

I Visegrad, come noto, annunceranno in pompa magna il loro contributo di 35 milioni di euro all’Africa Trust Fund, che finanzia anche il programma, a guida italiana (di qui l’incontro con Gentiloni) per aiutare la Libia a controllare le sue frontiere marittime e terrestri. E in effetti, si registra ormai una crescente convergenza sulla necessità di rimpolpare il fondo: mancavano 110 milioni di euro, ora stanno arrivando. Bene i soldi, diranno Juncker e Gentiloni, ma ciò non esime dall’accoglienza. Il muro contro muro in realtà resta, ieri il neo premier ceco Andrej Babis ha detto che Praga «farà di tutto» contro la redistribuzione mentre il parlamento ungherese ha approvato una risoluzione contro le quote.

Contro Tusk si è espresso anche Timmermans. «Dissento – ha dichiarato a Strasburgo di fronte al Parlamento Europeo – dall’affermazione che i ricollocamenti non siano serviti». Schinas ha ricordato che quelli finora effettuati «corrispondono a circa il 90% di chi ne aveva diritto». In effetti, se è vero che solo 32.683 dei 160.000 richiedenti asilo originariamente previsti sono stati trasferiti da Italia e Grecia, è anche vero che ciò è dovuto all’insufficienza di persone idonee: e infatti sono rimasti da ricollocare solo 2.105 persone dall’Italia e 457 dalla Grecia. «Il ritorno a un approccio pre-crisi non è un opzione» ha detto Schinas. Ieri fonti dell’entourage di Tusk cercavano di gettare acqua sul fuoco, il presidente «ha solo voluto segnalare un problema per aprire un dibattito franco».

Resta il fatto che per varie fonti diplomatiche il polacco «si è decisamente appiattito sui Visegrad». Sullo sfondo, la discussione sulla riforma del Regolamento di Dublino sull’asilo: l’Italia, ma anche, tra gli altri, Germania, Olanda e Svezia e la Commissione, insistono che la redistribuzione obbligatoria in caso di crisi è imprescindibile. Ieri il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto un’accelerazione, l’auspicio è un accordo entro giugno. Tusk insiste sul consenso, ma soprattutto Germania e Olanda sono pronti a passare al voto a maggioranza qualificata. L’Italia vuole prima vedere che testo si profila: il timore è che la maggioranza possa farne passare uno sfavorevole.

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