giovedì 7 aprile 2016
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INVIATO A PALMI (REGGIO CALABRIA) «Lo vogliono gli amici». Beni confiscati, piano regolatore, bandi per nuove assunzioni, gare per i servizi di spazzamento, e perfino i rimborsi per le alluvioni, tutto era condizionato dalla ’ndrangheta a Rizziconi, paese ad alta densità mafiosa della Piana di Gioia Tauro. Lo ha raccontato ieri nella seconda parte della sua importantissima testimonianza l’ex sindaco, Nino Bartuccio. Un racconto preciso, documentato. Anche se ogni tanto la voce si incrina per l’emozione. «Non mi abituerò mai a questo ruolo», ci confessa. Un ruolo nuovo. È il primo sindaco ad aver denunciato un’intera cosca. Quella che, dopo i suoi 'no' alle imposizioni, lo aveva mandato a casa grazie alle dimissioni dei consiglieri comunali, perché lo voleva «dio onnipotente», il soprannome del boss Teodoro Crea che ora è in carcere al 41bis, così come il figlio Giuseppe. Entrambi seguono il processo in videoconferenza. Mentre al fianco dell’ex sindaco sono i giovani di Libera col loro parroco don Pino Demasi. Davvero una testimonianza importante, al punto che la scorsa settimana la commissione Antimafia, in missione in Calabria, lo ha voluto incontrare. Una vera audizione in gran parte secretata ed è probabile che ci sia un seguito, forse proprio a Rizziconi. E sarebbe sicuramente un’iniziativa dirompente. Intanto Nino, che vive sotto scorta, lui e la famiglia, non si ferma e risponde in modo preciso alle domande del pm Luca Miceli. Così ricorda che la cosca non mollava neanche sui beni confiscati. «Su un terreno che era stato confiscato al boss avevamo ipotizzato di costruire delle case popolari perché avevamo un finanziamento. Ma un assessore mi venne a dire che quell’ipotesi non era gradita ai Crea». Pressioni che si fanno ancora più evidenti quando il Comune mette a bando sei posti. «L’ex assessore Girolamo Cutrì detto 'mommo ciampa', intervenne su un membro della commissione esaminatrice per garantire un posto 'agli amici' facendo un gesto molto esplicito, del pugno chiuso rivolto verso il basso a rappresentare l’invalidità di Teodoro Crea, chiamato appunto 'u murco' ». E Cutrì, parente dei Crea e imputato al processo, compare anche nella vicenda del bando per il servizio di spazzatura strade. «Negli anni precedenti aveva partecipato sempre solo una ditta, la cooperativa Futura». E ovviamente vinceva, anche se molti si lamentavano del servizio. Così per la nuova gara si inseriscono delle modifiche per migliorarlo, ma al momento della pubblicazione scompaiono. Bartuccio allora ne chiede l’annullamento. «Nel frattempo un dipendente della cooperativa, consigliere comunale, mi disse che la ditta aveva pagato una mazzetta a Cutrì per avere l’appalto». La cosca intascava e tutelava l’impresa. Bartuccio non ci sta e lo dice con chiarezza al presidente della cooperativa venuto a protestare. «Fu una discussione accesa, cercava di corrompermi. Allora alzai la voce e gli dissi che per sperare di vincere doveva solo offrire il servizio richiesto al prezzo migliore. E non doveva pagare nessuno. Se qualcuno nel Comune lo avesse chiesto doveva dirmelo e io l’avrei denunciato ». Bartuccio rompe col passato e questo preoccupa la cosca. Al punto che, racconta, «Cutrì mi fermò per strada per dirmi se era vero che a Rizziconi non si dovevano pagare mazzette e che avrei denunciato». Ma la prepotenza mafiosa non si ferma. L’alluvione del novembre 2010 provoca il cedimento strutturale dello storico palazzo Cordopatri, da poco acquistato da Antonino Crea, 'u malnadrino', nipote di Teodoro. Bartuccio fa un’ordinanza per la messa in sicurezza. «A dicembre mi avvisarono che lo stanno demolendo. Rimasi stupito perché non era stato presentato nessun progetto. Andai subito lì e vidi sia Crea che i vigili che stavano bloccando il traffico. Ma chi li aveva autorizzati? Mi risposero che erano andati perché la polvere della demolizione stava disturbando il traffico. Ma non avevano, invece, fatto nessun controllo sulla regolarità della demolizione». Ora nel paese c’è ancora un vuoto dove la cosca voleva costruire il proprio palazzo. E la vicenda, grazie a Bartuccio, è finita negli atti dell’inchiesta. © RIPRODUZIONE RISERVATA La storia
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