sabato 8 agosto 2015
Gli enti spingono sull’universalità, ma resti su base volontaria. Caritas e Consulta: puntare sull’attrattività dell’impegno alla comunità.
Servizio civile per tutti, l'idea è partita​
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Sempre più universale, ma ancora su base volontaria. Insomma un servizio civile che diventi un diritto, non un obbligo e nemmeno una concessione. Le associazioni e gli enti che accolgono nelle loro strutture i ragazzi dell’impegno sociale sono un coro unanime nel ribadire l’utilità di dare l’opportunità alle giovani generazioni di offrire un periodo della loro vita a servizio del Paese. Niente, infatti, forma di più che affrontare esperienze importanti e delicate. Adesso serve allargare il più possibile la platea dei fruitori, stimolando l’entusiasmo dei ragazzi.L’idea dell’obbligatorietà del servizio è già di qualche anno fa. Fu in realtà proposta nel 1982 (quando ancora esisteva la leva militare) da Caritas italiana e Fondazione Zancan «per consentire - ricorda Diego Cipriani, responsabile del servizio civile dell’organismo pastorale della Cei - anche alle donne e ai riformati di vivere il servizio alla patria. Oggi un’iniziativa del genere dipende da come viene posta». Sarebbe, infatti, sbagliato «presentarla come tassa da pagare allo Stato», meglio puntare - aggiunge - «sull’attrattività del servizio civile e l’importanza per la crescita da trasmettere ai giovani». Un percorso, dice alla fine Cipriani, che porterebbe ad «allargare gradualmente» il numero dei giovani impegnati in questa scuola di cittadinanza «intrapresa per loro scelta».Le energie dei ragazzi così «si valorizzano di più» gli fa eco Licio Palazzini, presidente della Conferenza nazionale enti di servizio civile (Cnesc). Al di là delle valutazioni, «anche se ci fossero la volontà politica, il consenso sociale e le notevoli risorse economiche - dice - crediamo che serva un percorso di lungo periodo». Adesso, perciò, si potrebbe iniziare col «rafforzare il servizio civile nazionale già nella prossima legge di Stabilità», ipotizza Palazzini, confermando o aumentando i 50mila posti l’anno promessi, fino ad arrivare all’attuazione del servizio civile universale. E se poi tra dieci anni, conclude, «la risposta è ampia e positiva» diventerebbe «plausibile per chi lo ritiene un qualche obbligo». Il pensiero di fondo – conclude il presidente anche di Arci servizio civile – è che «serva un equilibrio tra azione di diritti e adempimenti di doveri»; che vuol dire un servizio civile possibile «per tutti coloro che chiedono di parteciparvi». Oggi, infatti, a fronte a fronte di circa 90mila domande l’anno, i fondi disponibili bastano nemmeno per la metà.Al di là della realizzabilità concreta di rendere obbligatorio il servizio civile, comunque, sta di fatto che «far trascorrere a tutti i nostri ragazzi un periodo al servizio della società - ricorda Roberto Zuccolini della Comunità di Sant’Egidio - è una iniziativa di civiltà», per consentire ai giovani di conoscere realtà diverse e situazioni di disagio. Un servizio di «educazione alla pace e all’accoglienza, che prepara al futuro della nostra società», aggiunge, sarebbe il miglior messaggio di «unità del Paese e coesione nazionale nel segno della solidarietà e dell’integrazione».Sarebbe molto utile perché in Italia «manca la responsabilità civile, mancano azioni che abbiano enorme funzione sociale - spiega Giuseppe Guerini, il presidente di Federsolidarietà- Confcooperative - i nostri figli vivono nell’epoca dell’io, del tutto e subito». Questo come necessità culturale, in sostanza. Nella realtà poi «per il servizio civile il tema motivazionale è essenziale», prosegue. Per questo un buon compromesso sarebbe «renderlo un diritto per tutti quelli che lo richiedono», con uno Stato che «dovrebbe tornare ad investire su quest’area e sui giovani». Certo il «servizio civile non può diventare un privilegio», sostiene Guerini, escludendo chi ha fatto domanda ed ha la giusta predisposizione per svolgerlo al meglio.Così, la straordinaria opportunità di crescita «per il Paese e i giovani» e la «necessità di mettere in campo le risorse migliori che hanno loro», secondo Alfredo Cucciniello, responsabile Pace, cittadinanza e servizio civile delle Acli, spinge a fare di tutto per «aumentare il numero delle opportunità di servizio civile». Egli non sposa però la possibilità di aumentare i giovani impegnati nella collettività riducendo i mesi di servizio, magari a sei o otto. «Progetti di qualità e il percorso di formazione dei ragazzi hanno bisogno dei loro tempi per maturare ed essere monitorati», ammette, e pure una programmazione seria degli enti non si può avere senza certezza di fondi e tempi del bando.Quando si parla di servizio civile, tuttavia, «bisogna capire il piano in cui se ne parla». L’attenzione agli altri e la solidarietà difatti «fanno parte della cultura occidentale cattolica», sottolinea Giovanni Bastianini, responsabile servizio civile della Protezione civile e presidente della Consulta nazionale del servizio civile, il tavolo permanente istituito presso la Presidenza del consiglio. La ricetta discutibile è «la scorciatoia dell’obbligatorietà», sostiene, perché l’educazione la forniscono gli adulti «nel dialogo con i giovani e con l’esempio». Quindi se il servizio civile è una «parentesi dell’imparare-facendo, scelta volontariamente, perché affascinati e incuriositi, è molto positiva», ricorda Bastianini. E va usata «strategicamente, perché è la vera forza di uno Stato».
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