giovedì 12 marzo 2015
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Il modello dei 'campi nomadi' va definitivamente superato. L’indicazione è della Commissione diritti umani del Senato, che ha approvato una risoluzione che impegna il governo. I 'villaggi attrezzati' costruiti da molti Comuni perpetuano il degrado sociale e l’emarginazione di una minoranza, pari allo 0,2% della popolazione, con costi elevatissimi. Plaudono le associazioni. «È l’inizio della fine dell’era dei 'campi nomadi' », dice l’Associazione 21 luglio. Per la Comunità di Sant’Egidio «è ora di spostare i tanti soldi spesi per i campi in percorsi di accompagnamento socio-abitativo». «La Commissione – dice il presidente della Commissione Luigi Manconi del Pd – chiede al Governo di adottare misure urgenti ed efficaci nell’ambito delle politiche generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di rom, sinti e camminanti». La risoluzione segue la direzione tracciata dalla 'Strategia nazionale d’inclusione di rom, sinti e camminanti', realizzata a febbraio 2012 dall’allora ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi, in ottemperanza alle richieste della Commissione europea. Ma la risoluzione è anche frutto delle visite svolte dai membri della commissione nei campi attrezzati soprattutto a Roma. Le inchieste giudiziarie, ricorda la risoluzione, hanno svelato come la gestione dei villaggi nomadi rientra in «un sistema corruttivo finalizzato all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici che ha portato negli ultimi anni a un peggioramento delle condizioni di vita delle comunità rom, alla loro segregazione e a uno spreco di risorse pubbliche: nel solo 2013 – ricorda la Commissione – e nella sola Capitale sono stati impegnati oltre 16 milioni, il 60% per la sola gestione». «Ci si avvia verso la dismissione di questi 'non luoghi' – afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio – dove il diritto è sospeso e dove per decenni sono state concentrate le comunità rom e sinte in emergenza abitativa. Attendiamo le scelte coraggiose da parte degli amministratori locali, che dal 2012 hanno già speso più di 13 milioni per realizzare nuovi insediamenti per soli rom a Roma, Milano, Carpi e Giugliano». «Una risoluzione molto importante», commenta Paolo Ciani, responsabile di Sant’Egidio per rom e sinti. «I campi sosta - niente a che vedere con gli insediamenti spontanei non autorizzati - nascono negli anni ’80 con leggi regionali per rispondere all’idea che i rom siano itineranti. Un concetto già superato allora. In tutta Europa si perseguono strategie di inserimento socio-abitativo». Dove e come? «Rom e sinti da molti anni sono nelle graduatorie per le case popolari, che però sono pochissime per tutti, rom e non». A chi paventa guerre tra poveri, Ciani risponde che «i campi già costano moltissimo: non serve stanziare nuovi fondi, ma spostare quelle risorse in progetti di inserimento abitativo. Quello dei campi è un sistema emergenziale che costa moltissimo e crea esclusione sociale. Voluto dalle forze politiche allora al governo, che oggi cavalcano l’antigitanismo».
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