domenica 4 aprile 2010
Il colpo di mano sulle tariffe postali assestato dall’esecutivo provoca la reazione di centinaia di soggetti che investono da tempo risorse nell’informazione sul territorio.
Via le tariffe speciali. Colpo di scure sulla libera stampa
COMMENTA E CONDIVIDI
Storie di giornali che rischiano il "collasso" a causa del colpo di mano governativo sulle tariffe postali. C’è la testata diocesana che aveva appena scommesso sul futuro raddoppiando le uscite, c’è quella storica che campa quasi per intero sul volontariato, c’è il bollettino della Ong (organizzazione non governativa) che puntava proprio su questa agevolazione per la sua preziosa opera di educazione allo sviluppo nella società. Tutti, ora, si trovano davanti a un dilemma: tirare avanti, in qualche modo, o essere costretti a provvedimenti più drastici. Per di più dopo avere appena sventato un altro colpo al cuore, quello tentato (e poi rientrato) a cavallo del nuovo anno sul taglio dei contributi diretti concessi dallo Stato in base al numero delle copie.«Sei mesi fa, davanti alla crisi della raccolta pubblicitaria e dell’editoria in genere – racconta oggi al telefono da Rimini don Giovanni Tonelli, dal 1992 direttore de Il Ponte –, avevamo pensato "o ti butti o resti indietro"». Ovvero? «Eravamo un settimanale, ma il bilancio non andava bene – prosegue – e, paradossalmente, per non mandare a casa i nostri 9 dipendenti abbiamo deciso di puntare sull’apprezzamento che i nostri lettori ci manifestavano, tentando l’azzardo di raddoppiare le uscite. Siamo diventati così un bisettimanale». Confidando nel fatto che questo tipo di periodici veniva equiparato ai quotidiani e godeva di un drastico abbattimento dei costi postali (oltre che di un servizio migliore, perché le Poste danno la garanzia della consegna entro il giorno successivo, anziché entro 3 giorni). La risposta c’era stata: circa 8mila lettori hanno confermato l’abbonamento (ritoccato, ma non raddoppiato come le uscite) nella campagna che era stata chiusa proprio a marzo. «Avevamo pianificato di rientrare in un anno e mezzo dell’investimento fatto – spiega don Giovanni –. Ora questo brusco sconvolgimento ci costringe a una precipitosa marcia indietro». Proprio così: già da dopo Pasqua Il Ponte tornerà, a malincuore, a uscire solo una volta a settimana. E lo farà per non licenziare nessuno.Nessun dipendente, solo qualche collaborazione a pagamento, ma una tradizione ultrasecolare sono invece le caratteristiche di un altro gruppo di testate ora minacciate dalla scure del ministro Tremonti. È il caso, a Savona, del mensile diocesano Il Letimbro (nome particolare che deriva dal torrente che bagna la città): non molti abbonati (1.100, più altre 400 copie circa vendute in edicola e nelle chiese), ma prossimo a festeggiare nel 2011 i 120 di vita (fu uno dei primi giornali italiani). «Abbiamo vissuto fortune alterne – rievoca l’amministratore Lorenzo Prando –, con un picco di 2.500 copie a settimana nel Dopoguerra. Un paio d’anni fa siamo stati a un passo dalla chiusura, i nostri abbonati non superavano i 600. Ma il nuovo vescovo, mons. Vittorio Lupi, ha deciso uno sforzo incredibile per salvare il giornale». È stata programmata così una forte riduzione dei costi, basando (quasi) tutto sul volontariato: oggi Il Letimbro è fatto da uno staff di 5-6 volontari, più una ventina di cronisti che mandano articoli retribuiti. «Da giugno 2009 – dice Prando – siamo passati però ad avere 32 pagine, delle quali 8 a colori. In più, 4 volte l’anno abbiniamo Seminare la Parola, bollettino di approfondimento evangelico e d’informazione sul seminario locale che viene mandato in tutto a 6mila persone del circondario». La mossa del governo ha fatto di nuovo saltare i conti, però. «L’altro giorno – è sempre Prando a parlare – siamo andati a spedire l’ultimo mensile e abbiamo scoperto di botto che ci costava 250 euro, contro i 120 di prima. Più del doppio». Si potrà dire che, in assoluto, non sono cifre enormi, ma «mettono in gravissima crisi» un giornale che ha un bilancio annuo non superiore ai 25-30mila euro, come questo di Savona (peraltro - e non è secondario - l’unico vero giornale esistente in città).Già, perché queste testate messe a rischio di estinzione hanno anche una funzione sociale. Non sono organi di un "potere", ma conservano quella radice del giornalismo che punta anche ad educare e sensibilizzare su temi spesso trascurati dai grandi media. Discorso ancor più valido per Buone notizie, trimestrale di 12 pagine (diretto da Roberto Fontolan) dell’Avsi, una Ong nata nel 1972. «Noi esistiamo proprio grazie alle agevolazioni postali – ci informa Elisabetta Ponzone – che ci hanno consentito finora di inviarlo gratis a oltre 100mila donatori e di distribuirlo in ogni occasione della nostra "campagna tende". Speriamo che si mettano una mano sul cuore per capire l’importanza di sostenere la vivacità di questo spicchio del mondo editoriale».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: