sabato 15 giugno 2013
​Cttadinanza per il 18enne con la sindrome di Down che sei mesi fa era stato dissuaso dal presentare la richiesta perché ritenuto incapace di completare l’iter stabilito dalla legge. Le associazioni: è ora di rivedere le norme.
Cittadini senza dubbio di Francesco Riccardi (30 gennaio 2013)
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«È meraviglioso: il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha firmato il decreto che concede a Cristian la cittadinanza. Quando la prefettura di Roma ci ha avvisato, lui si è emozionato e mi ha abbracciato forte: ora sta leggendo la formula del giuramento per prepararsi alla cerimonia, che si terrà la mattina del 19 giugno negli uffici dell’Anagrafe centrale…». Trabocca, attraverso la cornetta del telefono, la felicità della signora colombiana Gloria Ramos, mamma di Cristian, mentre racconta il lieto fine dell’odissea burocratica del figlio diciottenne, affetto da sindrome di Down, che sei mesi fa si era visto dissuadere dal chiedere la cittadinanza italiana, perché ritenuto incapace di completare l’iter stabilito dalla legge, giuramento compreso. Ma la conclusione positiva della storia sfata quella previsione, mostrando come dai vicoli ciechi della burocrazia qualche volta si possa uscire, se c’è buona volontà in chi incarna le istituzioni.  La vicenda inizia nel novembre 2012, quando Cristian (nato a Roma da padre italiano che non l’ha riconosciuto) diventa maggiorenne: è un ragazzo attivo e la sindrome di Down non gli impedisce di frequentare le superiori, giocare a calcetto con gli amici e nuotare con agilità. Mamma Gloria intende fargli inoltrare domanda per la cittadinanza italiana, ma all’anagrafe qualcuno scuote la testa: secondo la legge, obietta, può ottenerla solo chi sia in grado di manifestare «autonomamente la propria volontà e il desiderio di diventare cittadino». E a nulla vale far notare come l’Italia abbia da tempo ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone disabili (che, all’articolo 18, stabilisce appunto come il diritto alla cittadinanza non possa esser negato per motivi legati alla disabilità). Ma la famiglia Ramos non s’arrende, sostenuta dall’Associazione italiana persone down (Aipd), e da gennaio il caso viene denunciato da Avvenire con articoli ed editoriali, finché l’allora ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, in un’intervista, prende in carico la situazione, impegnandosi a farla valutare «nel modo più appropriato possibile» e mettendo al lavoro gli esperti del Viminale su un disegno di legge per spianare gli ostacoli burocratici ad altre centinaia di persone nella medesima condizione. Così, in primavera Cristian viene invitato in Prefettura insieme alla mamma, per produrre i documenti necessari. E due giorni fa, finalmente, arriva l’atteso decreto del Quirinale: «I vostri servizi e la diffusione del caso sui mass media ci hanno aiutato. E per questo io, Cristian e la mia famiglia vogliamo ringraziarvi con affetto – dice ora ad Avvenire la signora Ramos –. Siamo riusciti a ottenere non solo l’attenzione delle autorità, ma anche il supporto di 30mila cittadini, con firme raccolte on line, e l’interessamento di parlamentari attenti al tema, come l’esponente del Pd Khalid Chaouki. Ora continueremo a batterci, affinché si approvi una legge che riconosca questo diritto a tutti coloro che sono nella situazione di mio figlio…».  Un’urgenza sottolineata anche dalle associazioni di volontari: «Dopo aver supportato in ogni modo possibile questa sacrosanta battaglia – spiega Andrea Sinno, operatore di Telefono D, la “help line” dell’Aipd – ci uniamo alla felicità della famiglia Ramos, sperando che il buon esito della vicenda serva a richiamare l’attenzione sulla necessità delle modifiche alle norme del 1992 sulla cittadinanza, laddove contrastano con la Convenzione Onu, ratificata dall’Italia nel 2009». Nel frattempo, per Cristian «l’appuntamento è per mercoledì mattina alle nove e mezza, all’anagrafe di via Petroselli, al secondo piano», racconta emozionata la signora Ramos, ringraziando «la Prefettura di Roma, sollecita e premurosa nei nostri confronti». Sarebbe un bel segnale se il ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, trovasse qualche minuto per intervenire. Ma il sogno di mamma Gloria è ancora più grande: «Abbiamo pregato molto. E sarebbe magnifico poter incontrare Papa Francesco per raccontargli la nostra esperienza e ringraziare insieme a lui la Divina Provvidenza per averci fatto trovare, pur nelle difficoltà, persone di buona volontà che ci hanno offerto aiuto…». <+copyright>
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