mercoledì 12 giugno 2013
Atteso già nel fine settimana un pacchetto per la semplificazione burocratica e l’accelerazione degli investimenti. Poi a fine mese arriverà il bonus fiscale sulle assunzioni dei giovani. Il percorso tracciato ieri in un vertice con il premier Letta, Alfano e i capigruppo della maggioranza.
Interventi sul lavoro: si è già perso troppo tempo di Francesco Riccardi
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Il pacchetto sulle semplificazioni, forse già questo fine settimana. E le misure per sostenere l’occupazione giovanile, da varare prima del Consiglio europeo del 28-29 giugno. Il governo, dopo un vertice con i capigruppo di maggioranza, promette un «segnale forte» sul fronte dell’economia, anche se l’intervento potrebbe essere in due tappe. Mentre resta ancora un rebus la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva dal 21 al 22% che incombe tra nemmeno 20 giorni, dal primo luglio, correlata a sua volta alla questione Imu. Al capogruppo del Pdl Renato Brunetta che lo ha criticato ieri per l’eccessiva prudenza, il ministro dell’Economia Saccomanni ha replicato in serata: «Manterremo gli impegni che abbiamo preso su Iva e Imu, ma vogliamo evitare di dover ogni giorno introdurre una misura nuova». Su questo tema il governo sta ancora valutando mentre dal vertice tra il premier Letta, il vice Alfano e i capi dei gruppi parlamentari di Pd, Pdl e Scelta civica di ieri mattina è arrivata la conferma che è in dirittura l’intervento pro-crescita, ribattezzato "decreto del fare". Il piatto forte riguarda le misure per il lavoro, in sintesi il bonus assunzioni. Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini punta su un intervento di peso per agevolare le imprese che aumentano la base occupazionale assumendo giovani a lungo termine. L’impresa che stabilizza il lavoratore potrebbe godere di meccanismi di decontribuzione e fiscalizzazione degli oneri sociali. La portata delle misure dipende, come al solito, dalla questione delle coperture. Si parla di un miliardo in tre anni, ma la cifra non è confermata. Accanto agli sgravi fiscali ci sarebbe la messa a punto della riforma Fornero per addolcire le norme sulla flessibilità in entrata, (ovvero su contratti a termine e atipici) considerate troppo rigide dal fronte delle imprese.Il governo è al lavoro anche in vista del quadrangolare di venerdì a Roma tra i ministri dell’Economia e del Lavoro di Italia, Francia, Germania e Spagna. L’obiettivo è preparare il terreno perché dal Consiglio Ue di fine giugno arrivi una correzione di rotta nella lotta alla disoccupazione giovanile. Le risorse già previste, 6 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, potrebbero essere utilizzate tutte nel primo biennio, poi eventualmente rifinanziate. La quota italiana è limitata a 400 milioni di euro. Già prima, Palazzo Chigi spera di poter utilizzare altre risorse europee, come i fondi strutturali, riorientandoli verso il lavoro.Il prossimo Consiglio dei ministri, probabilmente sabato, potrebbe varare le misure di deregulation, con procedure semplificate per gli investimenti produttivi e gli adempimenti delle imprese in ambito amministrativo, previdenziale e del lavoro. Si studia anche la riduzione della soglia (da 500 a 100 milioni) per il credito d’imposta sulle grandi infrastrutture.Resta irrisolto invece il nodo relativo agli interventi fiscali generali. La questione Iva si intreccia infatti con la riforma dell’Imu attesa entro agosto. Il combinato delle due scadenze vale, in termini di coperture, fino a 6 miliardi di euro. Che non ci sono. Se si deciderà di sterilizzare l’imposta sui consumi (2 miliardi di gettito in meno solo per quest’anno, 4 a regime) ci saranno meno risorse per tagliare la tassa sulla casa (4 miliardi l’anno per abolirla). Da qui le difficoltà e la tensione in salita tra maggioranza e governo e tra gli stessi partiti. Dopo il vertice il capogruppo pdl Brunetta ha messo così nel mirino la prudenza di Saccomanni. La precisazione del ministro porta a pensare che il governo rispetterà l’impegno programmatico di tagliare e riformare l’Imu, mentre per l’Iva farà il possibile per evitare l’aumento ma senza mettere a rischio il deficit pubblico che, dopo il decreto sul pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, non può salire ulteriormente.

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