mercoledì 24 giugno 2015
Resta l'ipotesi di una mini-proroga di tre mesi. DOSSIER
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Per giustificare l’addio alla riforma del catasto, Renzi non ricorre a scuse. «Il provvedimento era a invarianza di gettito. Vuol dire che io potevo pagare di meno e Padoan di più. Ma l’impressione generale sarebbe stata che le tasse aumentano. Verificheremo eventualmente dopo il varo della local tax». Insomma, alla fine la spunta il timore di un attacco concentrico dei giornali di destra, di Berlusconi, Salvini e Grillo. E il testo semplicemente sfuma. D’altra parte «non valeva la pena prenderci ora la fama di tassatori per un sistema che sarebbe entrato in vigore nel 2020», confida il premier dopo aver concluso un Consiglio dei ministri di due ore, finito alle 21.10 dopo diverse complicazioni e una buona dose di caos. Già, perché il grande problema è che il ministro dell’Economia Padoan si è presentato con testi non ancora completi e gravidi di conseguenze politiche non proprio esaltanti. E gli altri ministri hanno alzato il ditino: «Come facciamo ad approvare provvedimenti così complessi se non possiamo nemmeno leggerne le versioni finali?». Da lì la decisione di far giungere oggi i decreti ai gabinetti dei dicasteri, per poi riconvocare il Cdm venerdì sera. «Se non faccio in tempo a tornare dal Consiglio Ue, presiede Pier Carlo», spiega Renzi. L’altro intoppo è stata la lunga discussione sulla sospensione di De Luca, dato che Ncd in Campania è sulla sponda opposta rispetto al Pd.  Ma il grande mistero del giorno resta il decreto sul gioco d’azzardo. Renzi nemmeno vi accenna nella conferenza stampa semi-notturna. Sparito, dimenticato, accantonato? Il testo venuto fuori dal Mef non piace al premier, questo è sicuro. Il sottosegretario all’Economia Baretta, che ci ha lavorato tra affanni e pressioni, confida che si possa chiedere una proroga ad hoc di tre mesi della delega solo per questo provvedimento. Ma la sensazione è che questa partita - come quella del catasto - sia rinviata a tempi migliori, dato che sull’esecutivo pende l’accusa di essere troppo 'morbido' con le grandi multinazionali dell’azzardo. Insomma potrebbe esserci, dopo la legge di stabilità, un ddl ad hoc. Parlare di tensioni tra premier e ministro dell’Economia è plausibile e quasi scontato, anche se Renzi concede a Padoan tutte le attenuanti del caso visto quanto sia impegnato in questi giorni il Tesoro dal dossier Grecia.  Al termine di una giornata culminata in un mega-rinvio dei provvedimenti più attesi, Renzi dinanzi ai cronisti fa di tutto per mostrarsi determinato come al solito: «Continuiamo a portare avanti la bandiera delle riforme strutturali, facciamo sul serio. Venerdì apprezzerete il nostro sforzo di semplificare », rassicura. «Non c’è più la norma del 3 per cento», tranquillizza Renzi anche a proposito di quella misura fiscale che il governo approvò il 24 dicembre per ritirarla qualche giorno dopo per l’accusa di aver voluto cucire una 'sanatoria' per Berlusconi.  La verità è che la delega fiscale è diventata un incubo per l’esecutivo. Un incubo lungo sei mesi. Un po’ di aria fresca, e non solo metaforica, il premier la trova non a Palazzo Chigi ma in mattinata, in una tappa al Nord tra il Museo Egizio di Torino e Courmayer. Qui il premier ha inaugurato un’opera spettacolare, Sky way, la funivia ultratecnologica del Monte Bianco costata 105 milioni e realizzata in quattro anni. «Siamo nel punto più alto d’Europa, speriamo tra qualche giorno di non cadere nel punto più basso», scherza Renzi tagliando il nastro e riferendosi alla partita-immigrazione. Lì, a Courmayer, il premier annuncia anche una conferenza stampa per presentare un piano dell’esecutivo per sbloccare 17 miliardi di cantieri e dare fiato all’edilizia, il settore che dovrebbe trainare gli altri e invece continua a stentare. Una partita che vale un punto di Pil.  Stamattina invece il presidente del Consiglio sarà alle Camere per presentare la sua linea in vista del Consiglio dell’Unione Europea di domani a Bruxelles.
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