sabato 8 dicembre 2012
Ora Monti non esclude di candidarsi. E alla prima della Scala ironizza: «Il Re Sole si è allontanato da me». Oggi al  Quirinale. Il fatto che il Pdl abbia rotto il patto potrebbe spingerlo a superare i dubbi sull’impegno diretto. Nel giro di consultazioni al Colle a tema anche la legge elettorale, ma fra Pdl e Pd è ancora palleggio di responsabilità.
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​Oggi pomeriggio sarà a Roma per essere ricevuto dal Capo dello Stato al Quirinale. Ieri, intanto, il premier Mario Monti era a Milano per presenziare alla prima della Scala . Passo tranquillo, sguardo sereno e qualche sorriso comprensivo per l’insistenza dei cronisti, ma senza alcuna dichiarazione. Accompagnato dalla signora Elsa, dribbla le contestazioni degli "antagonisti" entrando dall’ingresso laterale della Scala di Milano, dove sta per iniziare il Lohengrin che apre la stagione del teatro milanese. Dal suo volto non traspaiono tensioni o tentennamenti, ma non c’è dubbio che la crisi innescata dallo strappo del Pdl dopo la ridiscesa in campo di Berlusconi agiti i suoi pensieri. La scelta, sua e del governo, resta però quella di tenere ben salda la barra del timone e procedere nella navigazione a vista, pur sapendo che il mare non sarà più calmo come in precedenza e che senza una maggioranza solida basterebbe lo scoglio di un voto su uno dei provvedimenti chiave a far affondare la nave. C’è una folta pattuglia di ministri ad accompagnare Monti: Piero Giarda, Lorenzo Ornaghi, Giulio Terzi, Vittorio Grilli e Corrado Passera. Ed è quest’ultimo a dare il polso della situazione («Continuiamo a fare il nostro lavoro serenamente»), aggiungendo poi: «È dovere di tutti noi, della classe dirigente e politica, rimuovere l’incertezza sul fatto che il lavoro svolto dal governo Monti continuerà». Criptico, ma con una venatura di ottimismo, è invece Giarda («In Lohengrin c’è un aiuto dall’alto. Succederà anche ora...»), mentre da Bruxelles il Guardasigilli Paola Severino conferma lo stato di «grandissima serenità».Dal canto suo, alla Scala il premier ascolta rapito le note dell’opera di Wagner, ringraziando nell’intervallo il maestro Baremboim per la magnifica direzione. E concede solo una frase sibillina a chi lo trova un po’ pallido: «Il Re Sole si è un po’ allontanato da me». C’è chi ipotizza allusioni al Cavaliere, che per calcoli elettorali ha imposto al suo partito di abbandonare la maggioranza, o al Colle apparso un po’ freddo negli ultimi giorni. Alla fine è lui stesso a precisare: «Era una considerazione meteorologica...».In ogni caso, le nubi in Parlamento non lo inducono a sovvertire l’agenda: ieri alla Scala e lunedì, salvo cambi di programma, a Oslo, per un bilaterale col premier norvegese Stoltenberg. Ma, fra un impegno e l’altro, nella mente del Professore si affastellano pensieri, ipotesi, congetture. In cima alle urgenze, assicurano nel suo entourage, c’è quella di portare a casa, negli ultimi scampoli di legislatura, alcuni provvedimenti chiave: probabilmente non la legge elettorale, ma almeno la legge di stabilità, appena seppellita da una pioggia di 1.500 emendamenti in Senato, il decreto sull’Ilva, la riforma delle Province, il pareggio di bilancio in Costituzione e qualche altro provvedimento ancora in itinere. Impegni che il premier potrebbe ribadire, parlando alle Camere in settimana. Ma, una volta approvate le urgenze, ora che il Pdl ha "rotto" il patto di maggioranza, il Professore potrebbe essere tentato di dare ascolto a chi continua a chiedergli di entrare nell’agone politico, mettendosi a capo di una coalizione di forze moderate. Il pressing nei suoi confronti, dopo la rentrée di Berlusconi, è cresciuto: sia in Italia, non solo dei centristi ma anche del movimento verso la Terza Repubblica di Montezemolo e Riccardi e dei "fuoriusciti" pidiellini, sia in Europa, col Ppe di Wilfried Martens favorevole ad una candidatura montiana, stavolta pienamente "politica". I presupposti, ammettono ambienti di governo, ci sarebbero: con Berlusconi da una parte, Vendola dall’altra e Grillo "guastatore" manca una componente moderata e consapevolmente europeista, che sia di garanzia per le cancellerie del Vecchio Continente. Se alla fine dovesse decidere d’accettare, ragiona chi lo conosce, il Professore lo farà al termine della legislatura. A meno che qualcosa, come l’inasprirsi del clima in Parlamento o nel Paese, non lo porti ad accelerare i tempi, presentando le proprie dimissioni al Colle e smettendo i panni del tecnico per indossare quelli del politico. Quando? Forse tra fine dicembre e inizio gennaio, appena il ddl stabilità concluderà il suo iter in Parlamento.
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