venerdì 18 gennaio 2013
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​Il pm della Procura di Napoli Antonio Ardituro, conosce a fondo per averla indagata la complicata matassa del Calcioscommesse (si è occupato del “caso Napoli”). Così come da anni tiene monitorato il sistema criminale che allunga i suoi velenosi tentacoli sul «troppo indifeso» mondo del pallone.Un mondo che colpisce, sempre di più, per il suo “spirito omertoso”.«È l’omertà del sistema chiuso e autoreferenziale. Tutte le denunce in merito a Scommessopoli, non a caso, arrivano dall’esterno del sistema-calcio. I pochi che da dentro hanno provato a farlo, i calciatori Farina e Pisacane, sono stati praticamente emarginati per un semplice e normale atto di responsabilità civica».Ma come è possibile che, con le scommesse diventate legali, ci troviamo di fronte a uno scenario apocalittico e di portata mondiale?«Paradossalmente la legalizzazione delle scommesse ha tramutato il fenomeno da “artigianale”, locale e, al limite, nazionale, in una fenomenologia globale, telematica e illimitata. Grazie a questo sviluppo perverso, la malavita internazionale in qualsiasi momento agisce incontrastata ed è in grado di puntare in Rete cifre astronomiche su partite e campionati scarsamente controllati».Sta dicendo dunque che è un fenomeno impossibile da fermare?«Impossibile no, ma molto difficile da intercettare sì. Anche per il fatto che non esistono al momento degli strumenti che consentono di prevenire flussi in eccesso di giocate effettuate via Internet dall’Asia e che hanno come oggetto partite del nostro campionato e viceversa. Per combattere le “combine organizzate”, serve una normativa internazionale e un innalzamento delle barriere preventive e di controllo».Esiste, come è stato provato dalle inchieste, anche un fenomeno di costante avvicinamento della criminalità che arriva fin dentro gli spogliatoi delle squadre di calcio.«Questo è un altro aspetto molto serio e che non va più trattato in maniera superficiale o ancor peggio folkloristica come è accaduto fino ad oggi. Tutti i protagonisti, dai calciatori alle dirigenze, devono prendere consapevolezza che non fanno parte di un mondo a sé stante. Devono fare i conti con la società allargata e a questa devono aprirsi anche per chiedere aiuto in caso di attacco da parte della criminalità che ha tutto l’interesse ad usare il calcio come lavatrice e soprattutto produttrice di denaro».Anche il “gomorriano” clan dei casalesi, che lei da tempo contrasta con forza, ha i suoi interessi nel calcio?«Il clan dei casalesi controllava direttamente l’Albanova, il club di Casal di Principe che aveva portato dal dilettantismo fino alla C2. Tramite l’ex giocatore Giorgio Chinaglia erano quasi riusciti a fare la scalata per acquisire la Lazio. Noi, a Napoli, siamo fieri di aver strappato alla camorra la Nuova Quarto, la squadra della legalità, e di averla restituita alla società civile».
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